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Società di comodo: ecco cosa cambia con la legge delega

La legge delega, che recentemente ha avuto il via libera anche della Camera, interviene diffusamente su un tema assai discusso in giurisprudenza, quello delle società non operative o di comodo, elaborando i criteri direttivi nell’art. 9 del disegno di legge approvato dalle Camere il 4 luglio u.s.. L’art. 30 della L. n. 724/1994, norma antielusiva,…

La legge delega, che recentemente ha avuto il via libera anche della Camera, interviene diffusamente su un tema assai discusso in giurisprudenza, quello delle società non operative o di comodo, elaborando i criteri direttivi nell’art. 9 del disegno di legge approvato dalle Camere il 4 luglio u.s.. L’art. 30 della L. n. 724/1994, norma antielusiva, stabilisce che le società di capitali e personali nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non operative se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi, delle rimanenze e dei proventi risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando le percentuali segnatamente specificate nella legge. Il contribuente può superare la presunzione relativa di non operatività dando prova dell’esistenza di situazioni oggettive, indipendentemente dalla sua volontà, di carattere straordinario e da valutarsi in relazione alle condizioni effettive del mercato.

I decreti delegati dovranno prevedere la determinazione di differenti parametri, soggetti a periodico aggiornamento, allo scopo di individuare le società senza impresa sulla base dei principi elaborati dalla Corte di Cassazione e dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea in materia di Iva.

A questo proposito va ricordato che la Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria n. 16091 del 19.05.2022, ha investito la Corte di Giustizia della questione pregiudiziale se sia conforme al diritto dell’Unione l’indetraibilità dell’Iva in presenza di società di comodo.

La Cassazione ha posto alla Corte di Giustizia la risoluzione di tre questioni pregiudiziali.

La prima riguarda la possibilità di interpretare l’art. 9, par. 1, della direttiva 2006/112, nel senso di negare la qualità di soggetto passivo e, conseguentemente, il diritto di detrazione dell’Iva di rivalsa assolta al soggetto che esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’Iva in misura ritenuta non coerente – in quanto eccessivamente bassa – rispetto a quanto può ragionevolmente attendersi dagli asset patrimoniali di cui dispone per tre anni consecutivi e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di oggettive situazioni ostative.

Secondo questa interpretazione, l’ente che non superi il test di operatività per tre anni consecutivi, non verrebbe qualificato quale soggetto passivo ai fini Iva mentre, in difetto di norme contrarie e secondo le regole generali, resterebbe assoggettato alla tassazione sui redditi secondo il regime proprio degli enti commerciali, in ragione della veste giuridica formale rivestita.

La seconda questione ha per oggetto la compatibilità con l’art. 167 della direttiva e con i principi generali della neutralità dell’Iva e di proporzionalità della limitazione del diritto alla detrazione dell’Iva dell’art. 30, comma 4, l. n. 724/1994, nella parte in cui nega il diritto di detrazione dell’ Iva di rivalsa assolta sugli acquisti al soggetto passivo di imposta che, per tre periodi di imposta consecutivi, non superi il test di operatività e non sia in grado di dimostrare l’esistenza di oggettive situazioni ostative.

La Cassazione dubita che il rischio di abuso dello strumento societario, giustifichi, sotto il profilo del pregiudizio – integrale – del diritto alla detrazione dell’Iva, tale misura.

Con la terza questione la Cassazione esprime perplessità in ordine alla compatibilità della norma nazionale con il diritto dell’Unione europea, avuto riguardo allo status di incertezza in cui si viene a trovare il soggetto passivo al momento dell’effettuazione di un’operazione imponibile, idonea a legittimare la detrazione solo al raggiungimento di una certa misura di ricavi.

b) la seconda previsione concerne la determinazione di cause di esclusione che tengano conto, ad esempio, dell’esistenza di un numero congruo di lavoratori dipendenti e dello svolgimento di attività in settori dell’economia oggetto di specifica regolamentazione normativa.

Quest’ultima disposizione appare senz’altro aderente alle dinamiche dell’economia ed alla rapidità dei suoi cambiamenti anche strutturali.

Pasquale Ceglie – Avvocato tributarista

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