Il giurista Arturo Carlo Jemolo sosteneva che la famiglia è “un’isola che il mare del diritto deve solo lambire”. Nella materia del diritto di famiglia stiamo assistendo, in realtà, ad un lento ma continuo ampliamento delle maglie dell’autonomia privata e non solo nella fase genetica di formazione della famiglia ma anche nella sua fase patologica dove, più che mai, diventa centrale preservare e tutelare i diritti e i bisogni dei minori spesso coinvolti e travolti dal conflitto. La Riforma Cartabia ha comportato una svolta epocale sia nell’ambito del diritto processuale di famiglia sia con riferimento alla implementazione di strumenti di risoluzione complementare rispetto al processo e consensuale dei conflitti. La trasformazione operata dalla riforma oltre ad incidere sul processo sta incidendo significativamente sul diritto sostanziale: la norma che consente la trattazione nello stesso giudizio delle domande di separazione e di divorzio e la precisazione offertaci dalla sentenza della Cassazione sulla ammissibilità del cumulo anche per le domande congiunte, influisce concretamente anche sul contenuto del conflitto coniugale.
In questo scenario la mediazione familiare che ha trovato ingresso e riconoscimento nell’ambito del processo grazie alla riforma Cartabia, può assolvere una funzione fondamentale per le parti al fine di individuare la soluzione migliore alla composizione della lite in un percorso processuale unitario. La mediazione familiare consiste in un intervento professionale svolto da un terzo neutrale ed imparziale, qualificato e con una specifica formazione che agisce per facilitare la riapertura di canali comunicativi interrotti dal conflitto al fine di consentire la focalizzazione dei bisogni dei figli coinvolti e dei reali bisogni-interessi che sottendono la lite. È fondamentale che gli avvocati informino correttamente i propri assistiti della possibilità di utilizzare questo strumento professionale sin dal primo momento in cui entrano in contatto con loro, affinché questi possano consapevolmente scegliere di coltivare una opportunità in grado di “tessere” un accordo capace di reggere nel tempo, una regolamentazione condivisa sui rapporti genitori figli e sugli aspetti economici complessivi della loro vicenda. Il percorso di mediazione familiare consta di passaggi e step funzionali all’ottenimento di una crescita personale delle parti e c’è una fase molto importante ed essenziale denominata di “follow up” in cui le parti dopo il raggiungimento di un accordo e l’ attuazione pratica di quella regolamentazione condivisa si accorgono di voler modificare alcuni aspetti affinché la stessa funzioni al meglio. Immagino, quindi, che in un percorso processuale unitario in cui si cumulano la domanda di separazione e quella di divorzio ben può parallelamente svolgersi un percorso di mediazione familiare in cui i genitori hanno concretamente la possibilità di verificare la tenuta degli accordi e di apportare modifiche condivise e consapevoli fino alla pronuncia del divorzio.
Sia che la mediazione familiare si svolga prima della proposizione del ricorso (in tal caso le parti costruiranno già il loro accordo da consegnare come domanda congiunta nel processo), sia che si svolga nell’ambito di un contenzioso, a mio avviso la mediazione familiare può esprimere significativamente le sue potenzialità di strumento di prevenzione di ulteriori conflitti.
Lucia Legati – Avvocata componente della commissione Alternative Dispute Resolution al Consiglio nazionale forense