Se il figlio cresce, cresce anche l’assegno di mantenimento

Con un provvedimento del novembre scorso il Tribunale di Bari (sentenza novembre 2023 n. 3012) ha confermato quello che è un principio che già da anni siamo abituati a leggere nelle sentenze della Cassazione: aumentando l’età dei figli incrementano le loro esigenze e quindi la richiesta di un aumento dell’assegno di mantenimento è legittima.

Anche se le condizioni economico-patrimoniali dei genitori non sono mutate.

Il genitore convivente con il figlio può proporre istanza di modifica in Tribunale chiedendo un aumento dell’assegno di mantenimento perché il/la figlio/a è passato/a da un’età di infanzia ad un’età adolescenziale o da quest’ultima a quella di giovane adulto.

In genere le richieste si fanno nel passaggio di studi da un ciclo ad un altro, dalle elementari alle medie ma soprattutto dalle scuole medie alle scuole superiori per non parlare dell’Università.

E’ vero che la parte non convivente sopperisce con la partecipazione alla spesa straordinaria legata ad un ragazzo che cresce.

Ma può sopperire così alle maggiori esigenze straordinarie ma non alla ordinarietà.

Un esempio: i figli, passando da una età ad un’altra per esempio dai dieci ai quindici anni, iniziano a mangiare in maniera esponenziale.

Per cui per il genitore convivente anche il costo del semplice vitto inizia ad essere raddoppiato se non triplicato.

C’è l’esigenza di procedere a questo tipo di aumento.

Il procedimento giudiziario da instaurare, qualora non si trovano accordi, non richiede la prova delle aumentate necessità del minore perché è implicita secondo quello che è la comune esperienza.

Il giudice per esperienza sa bene che il bambino di dieci anni ha meno esigenze di un ragazzo di quattordici anni per non parlare delle esigenze dai quindici anni in poi.

Quest’ultima fascia d’età esce di casa più spesso, partecipa a feste, eventi, uscite generiche un paio di volte a settimana con gli amici, consuma miscela-benzina se ha un mezzo di locomozione, e quant’altro.

Sono sempre spese che rientrano nel mantenimento ordinario e non nel mantenimento straordinario.

Non si possono fare ricadere sul genitore non convivente!

Il principio in parola è stato ribadito dal Tribunale di Bari nell’ambito di un procedimento di modifica delle condizioni, con la richiesta di un genitore convivente con il figlio di aumento dell’assegno di mantenimento.

Il Tribunale tuttavia ha anche enunciato il principio che l’aumento dell’assegno mensile debba sempre essere commisurato alle effettive capacità economiche dell’obbligato.

Perché, se l’obbligato non è nella possibilità di pagare di più di quanto stia già versando, il Tribunale non potrà imporre un aumento dell’assegno di mantenimento pur in presenza di maggiori necessità della prole.

Piuttosto dovrà tener conto di quella che è la effettiva capacità economica dell’obbligato ed anche dell’altra parte.

Se per esempio l’altra parte, genitore convivente, ha aumentato esponenzialmente i propri redditi potrà sopperire alle aumentate esigenze sempre che ci si trovi nella condizione in cui l’altro genitore non possa aumentare il proprio apporto economico.

Diversamente, se il genitore non convivente ha capacità economica per pagare di più, l’aumento viene disposto anche in caso di incremento delle disponibilità economiche del genitore collocatario prevalente.

Questo è il principio che si evince dalla sentenza del Tribunale di Bari.

Le esigenze della prole aumentano in funzione del progredire degli anni e dunque sono notoriamente legate alla crescita, agli studi, allo sviluppo della personalità dei figli in svariati ambiti ivi compreso quello della formazione culturale e della vita sociale e non hanno bisogno di specifica dimostrazione”.

I figli sono pezzi di cuore!

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