Sarà molto complicato avere un governo stabile

Le prossime elezioni saranno caratterizzate, al pari delle precedenti (non essendo intervenuta nel frattempo alcuna modifica legislativa, nonostante l’approvazione della riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari), da un sistema elettorale in cui il sistema maggioritario non riesce a prevalere per ragioni tecniche per cui sostanzialmente i candidati eletti vengono scelti anche con il sistema proporzionale, pur se con taluni correttivi. Sono tre categorie di parlamentari il cui ruolo, in Parlamento, potrebbe risultare differenziato. I primi potrebbero rivendicare una loro rappresentatività diretta, i secondi potrebbero rivendicare la loro politicità per il legame con il partito, i terzi potrebbero rivendicare il loro legame con il corpo elettorale e quindi di costituire l’espressione della tutela di interessi ritenuti prioritari dall’elettorato.

Appare difficile che possa realizzarsi una maggioranza che esprima il governo in maniera stabile. Ci potrà anche essere una maggioranza e il governo potrà anche essere formato; tuttavia, esso partirebbe anche con una certa debolezza, perché le forze di maggioranza che reggono il governo non sono omogenee tra di loro, in quanto non derivano da una votazione di tipo consimile per ogni eletto, ma da tre diversi tipi di votazione. A questa osservazione potrebbe opporsi, in verità, la possibilità di una eventuale coesione dei parlamentari dovuta proprio al sistema elettorale fondato sulla scelta delle candidature e sulle quali il partito ha notevolissima influenza, per cui l’autonomia nel Parlamento potrebbe risultare abbastanza ridimensionata dall’influenza che i partiti o i movimenti normalmente esprimono in ambito parlamentare.

Nell’ottica di eventuali profili di innovazione del sistema elettorale (sino ad ora rimasto inalterato), la stabilità del governo potrebbe derivare soltanto da un sistema maggioritario rigido; senonchè, in proposito, è noto che nell’Assemblea costituente, che approvò la prima legge elettorale, emerse l’opinione che il proporzionale fosse il sistema più adeguato per la democrazia. Si tratta di un principio che non è costituzionalmente stabilito ma che, tuttavia, emerge nella realtà dei fatti. Nell’esperienza del maggioritario di questi ultimi anni è agevole rilevare come si sia pervenuti ad un sistema pluripolare. Si può, pertanto, ritenere che l’attuale sistema elettorale, per quanto sia stato elaborato in modo complesso e nonostante abbia coalizzato l’accordo delle maggiori forze politiche (anche contrapposte), potrebbe tuttavia essere letto in un’ottica di una possibile riduzione delle garanzie della democrazia, come peraltro sottolineato dalla Corte Costituzionale quando ha avuto occasione di pronunciarsi su questo tema. Al momento attuale, una diversa (e forse migliore) prospettiva di stabilità per il governo sembra da ricondurre ad un corretto esercizio dell’unico potere che oggi ha l’elettore, ovverosia quello di scegliere in sede di voto in modo inequivoco e deciso una parte di forze politiche che si presentino idealmente e programmaticamente unite in modo da raggiungere una maggioranza stabile in Parlamento. La vigente legislazione elettorale non sembra lasciare all’elettore altri margini per contribuire alla stabilità.

Raffaele Guido Rodio è ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Bari

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