Ruffinoni (Ntt Data): «Sì al digitale, ma Italia indietro su Cloud e Ia»

Ntt Data è una multinazionale che si occupa di system integration, servizi professionali e consulenza strategica facente parte del gruppo Nippon Telegraph and Telephone, con sede centrale a Tokio. Da tempo ha scelto di investire nel Sud Italia, in particolare a Cosenza, Napoli e, presto, anche a Bari. Walter Ruffinoni, Ceo italiano dell’azienda, non nasconde l’entusiasmo per i passi avanti fatti negli ultimi anni dal Paese in termini di digitalizzazione ma su cybersecurity e formazione c’è ancora molto da fare. Una partita decisiva in cui svolgerà un ruolo cruciale il Pnrr.

Walter Ruffinoni, dall’ultimo studio dell’Istat emerge che il 60,3% delle piccole e medie imprese italiane ha raggiunto un livello base di digitalizzazione. Il dato è particolarmente positivo se confrontato con la media dei 27 paesi dell’Unione Europea: il 56%. L’Italia è a buon punto?

«L’Italia tra il 2017 e il 2021 è stata la nazione che è cresciuta di più in termini di digitalizzazione in Europa e le imprese sono state parte di questa crescita grazie all’adozione, per esempio, di servizi cloud. Oggi nel nostro Paese sei imprese su dieci hanno raggiunto il livello base di quella che in termini tecnici è chiamata intensità digitale. L’adozione di tecnologie di livello più avanzato, però, resta ancora molto bassa: la diffusione ad esempio dell’Intelligenza Artificiale e dei big data rimane sotto il 30% e molto lontana dall’obiettivo del decennio digitale del 75% per il 2030. Negli ultimi anni, tuttavia, abbiamo visto un cambiamento di passo destinato a consolidarsi».

Il Covid ha contribuito a velocizzare questo processo di crescita?

«Sicuramente ha imposto un’accelerazione alla transizione digitale: la pandemia ha stimolato l’adozione di strumenti digitali ma soprattutto ha mostrato quanto siano vaste le potenzialità della tecnologia. Si è reso evidente quanto questi strumenti possano efficientare i processi e velocizzare le decisioni».

Migliora la digitalizzazione delle imprese ma c’è ancora molta strada da fare sul piano della cybersecurity. Quanto sono sicure le aziende italiane che si stanno consegnando così velocemente al digitale?

«Il tema della cybersicurezza è effettivamente una questione centrale e non solo per le grandi aziende strategiche del nostro Paese: coinvolge e tocca tutte le realtà, piccole o grandi che siano. Ogni 11 secondi c’è un attacco ramsomware ad un’azienda italiana, fenomeno che ha visto una crescita del 350% solo nel 2021 e per il 60% dei casi alla base c’è il fattore umano ovvero le credenziali per entrare nei sistemi vengono rubate, a causa di mancata preparazione delle persone o non sufficiente attenzione alle app o ai siti che li richiedono. In Ntt Data siamo consapevoli della crescente importanza di questo settore, e vi stiamo investendo sempre di più: nei prossimi cinque anni abbiamo intenzione di inserire in organico mille nuove risorse per rafforzare il comparto e consolideremo la centralità del polo di Cosenza quale punto di riferimento internazionale per Ntt Data nel settore della cybersicurezza, al pari di Tokyo e Palo Alto».

Con oltre 235 miliardi di euro l’Italia è il principale beneficiario dei fondi del Next generation Eu. Il Pnrr promette di far fare al Paese il salto decisivo verso la modernizzazione. È fiducioso?

«Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un’opportunità senza precedenti per il nostro Paese: si tratta di miliardi di investimenti che potranno traghettare l’Italia verso il futuro, supportando migliaia di piccole e grandi imprese nel processo di digitalizzazione. Dei 191,5 miliardi messi a disposizione dell’Italia, il 25,1% è destinato alla transizione digitale, che si conferma così uno dei pilastri principali di questo straordinario programma di sviluppo».

A fronte del dato confortante sull’innovazione delle piccole e medie imprese ce n’è un altro che lo è molto meno: quello relativo alle competenze digitali degli italiani. Prendendo in considerazione i cittadini tra i 16 e i 74 anni, in Europa solo Polonia, Bulgaria e Romania hanno risultati peggiori (dati Eurostat). Dove si è sbagliato?

«Questo è un argomento per me molto importante. Dobbiamo colmare un ritardo e per farlo bisogna investire molto in formazione: è questa l’unica via per aumentare la diffusione delle competenze digitali. Nel Pnrr, ma non solo, questo tema ha un’attenzione particolare proprio per valorizzare trasversalmente i percorsi di specializzazione nelle materie Stem ed incentivare i ragazzi a intraprendere queste strade fin dalle scuole elementari. Solo cosi potremo migliorare le offerte formative a tutti i livelli e formare quei profili che serviranno al nostro Paese: si stima che entro il 2026 serviranno circa 300mila nuovi specialisti Ict. Inoltre il piano nazionale nuove competenze è uno degli strumenti che ha l’obiettivo di annullare il paradosso per cui non abbiamo sufficienti profili per colmare la domanda del mercato e siamo la nazione europea con il maggior numero di giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro né fanno formazione».

Avete difficoltà a trovare determinate figure professionali? Se sì, quali?

«Al momento abbiamo oltre 600 posizioni aperte in Italia, in tutte le nostre dieci sedi e non riusciamo a soddisfare la richiesta di profili ricercati, nonostante le molte collaborazioni che abbiamo in atto con tutti i principali atenei italiani. Le figure che maggiormente ricerchiamo sono tecniche e si concentrano principalmente negli ambiti Cloud, Security, Consulting, Java, Data Engineer, Front end, Design e IoT, con un interesse particolare per i neolaureati».

Come Ntt Data vi occupate anche di servizi finanziari tramite blockchain. Dopo il grande entusiasmo dei primi anni le criptovalute mostrano dei segnali di debolezza. La più famosa, il Bitcoin, in un anno ha dimezzato il suo valore sul mercato. È finito l’entusiasmo?

«Se si valuta il prezzo di Bitcoin e delle altre crypto nel 2022, si nota chiaramente un andamento negativo e un sentimento pessimistico degli investitori rispetto al 2021. Se si considera invece l’andamento decennale di Bitcoin, si alternano fasi di crescita esponenziale e fasi di crollo incontrollato, ma nel lungo termine ha avuto una tendenza crescente. Il merito di Bitcoin è quello di aver creato una prima forma funzionante di moneta puramente digitale. Questo ecosistema di nuovi attori attira investimenti, talenti e alza l’asticella dell’innovazione tecnologica, creando costantemente nuovi paradigmi come gli Nft, la finanza decentralizzata e il web3, che si pongono come alternativa alla finanza tradizionale e ai giganti del web».

Avete annunciato a febbraio l’apertura di una nuova sede a Bari nella quale, a regime, saranno assunte cinquecento persone. Come mai avete scelto di investire proprio in Puglia?

«L’apertura degli uffici di Bari si inserisce in un più vasto programma di investimenti in Puglia pari a circa venti milioni di euro, e fa parte in realtà di una strategia di lungo periodo che riguarda tutto il Mezzogiorno e che in Ntt Data abbiamo iniziato a implementare ormai più di dieci anni, con la valorizzazione delle sedi di Napoli e Cosenza. Questa strategia risponde alla forte convinzione che il Sud sia ricchissimo di talenti, talenti che devono poter restare nelle Regioni d’origine per rafforzarne il tessuto sociale e imprenditoriale».

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