Riforma fiscale, parla Corvino (Odcec Lecce): «Compliance al Sud per poche aziende»

«Prende sempre più forma il pacchetto di provvedimenti collegati alla riforma fiscale. Sono obiettivi ambiziosi richiamati spesso in passato e tante volte disattesi. Al momento i presupposti sono buoni». Ad affermarlo è Fabio Corvino, presidente dell’Ordine dei commercialisti e degli esperti contabili della provincia di Lecce.

Presidente, nel consiglio dei ministri del 16 novembre cosa si è deciso?

«Sono stati approvati due decreti legislativi di attuazione della delega per la riforma fiscale. Uno, pensato anche in prospettiva del Pnrr, interviene sul processo tributario in ottica di digitalizzazione e quindi finalizzato a velocizzare e smaltire il contenzioso; l’altro riguarda l’allargamento del regime di cooperative compliance. L’obiettivo è quello di creare un rapporto collaborativo tra contribuente e fisco senza abbassare la guardia nei confronti di comportamenti non corretti verso l’amministrazione».

Cosa cambierà per le aziende?

«In linea di massima la riforma fiscale prevista dal governo è stata pensata per ridurre gradualmente la pressione fiscale e semplificare gli adempimenti tributari. Nello specifico con il decreto relativo al contenzioso tributario si è cercato di ampliare e snellire la sfera d’azione difensiva nei processi contro il fisco. È evidente che bisognerà attendere per comprendere i reali effetti di questa modifica. Certamente siamo di fronte ad una norma innovativa».

Perché?

«Grazie anche al contributo dei commercialisti, parte della commissione, si potrà impugnare l’ordinanza del giudice di primo grado che non accetta la sospensione degli atti del Fisco. In passato i contribuenti a causa di questa impossibilità hanno dovuto subire danni gravi ed irreparabili che in alcuni casi hanno determinato il fallimento e la chiusura dell’azienda. È evidente che questa opportunità può determinare un effetto opposto ovvero un ulteriore passaggio giudiziario che allunga i tempi del processo. Tuttavia è noto che già oggi sono in vigore norme che prevedono dei termini precisi».

Cosa porterà di buono l’allargamento del regime di cooperative compliance?

«L’obiettivo è creare un rapporto collaborativo tra contribuente e fisco senza abbassare la guardia nei confronti di chi adotta comportamenti non corretti verso l’amministrazione. In concreto le società che si doteranno di un sistema di gestione del rischio fiscale in grado di intercettare tempestivamente comportamenti “pericolosi”, avranno la possibilità di un doppio scudo sia sulle sanzioni amministrative che su quelle penali, ma in quest’ultimo caso limitatamente alla dichiarazione infedele senza mai arrivare a coprire i comportamenti fraudolenti. Naturalmente, oltre ad adottare un Tax control framework (Tcf), sarà necessaria una comunicazione “esauriente e tempestiva” dei rischi fiscali per cui si chiederà di beneficiare di ciascuna protezione. Si stabilirà un canale diretto con l’Agenzia delle entrate, con tempi di reazione estremamente concentrati sia da parte della società contribuente sia da parte dell’amministrazione finanziaria».

È una grande opportunità.

«Certamente. Purtroppo, credo che saranno veramente poche le aziende del Sud che potranno godere dei benefici correlati. È evidente che la prospettata riduzione da un miliardo di euro a cento milioni di ricavi della soglia per accedere alla cooperative compliance potrebbe avere un impatto diverso per il sistema economico che, come noto, si caratterizza per la presenza di nano e microaziende. Il governo, perfettamente consapevole delle dimensioni delle realtà economiche nazionali, bene farebbe a riservare sempre maggiore attenzione alle aziende italiane che, seppur con ricavi molto contenuti, contribuiscono concretamente a reggere l’economia nazionale».

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