Riforma doganale, la digitalizzazione e le criticità dell’Iva all’importazione

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. n. 141/2024, in vigore dal 4 ottobre 2024, si è proceduto in particolare alla riformulazione dell’impianto normativo interno doganale, mediante l’abrogazione del Testo Unico delle Leggi Doganali. Tra le varie finalità vi era quella di aggiornare il testo interno e di coordinarlo con la normativa di riferimento contenuta in alcuni regolamenti dell’Ue, nonché di potenziare il meccanismo dello Sportello unico doganale dei controlli quale sistema centralizzato per migliorare la condivisione e l’elaborazione dei dati trasmessi alle autorità doganali ed agli altri enti pubblici per le attività di controllo di loro competenza. Ciò al fine di migliorare la cooperazione e consentire l’interoperabilità tra i settori doganale e non doganale, semplificando lo scambio elettronico di documenti e informazioni necessari per il processo di sdoganamento delle merci, e migliorando la cooperazione amministrativa digitale e la condivisione di informazioni tra le amministrazioni doganali e altre autorità governative.

Le novità

Ulteriore novità è l’introduzione dell’IVA all’importazione tra i diritti di confine, la cui ricomprensione ha delle ricadute immediate sia in tema di detrazione dell’imposta sia ai fini penali.

Quanto al primo aspetto, l’eventuale contestazione fiscale dell’IVA nei confronti del rappresentante doganale indiretto può evidenziare un’asimmetria con le regole fiscali unionali previste dalla Direttiva IVA 2006/112 nella misura in cui tale soggetto, in quanto mero “vettore” della merce e non anche proprietario della stessa (non a caso le norme di riferimento del TULD erano dedicate alla “rappresentanza dei proprietari delle merci”), non potrebbe in alcun modo né operare la rivalsa dell’imposta su un ipotetico cliente che rivesta la qualità di cessionario della merce né di contro operare la detrazione dell’imposta, con evidente violazione del principio di neutralità dell’IVA, sancito dalla Corte di giustizia UE in numerosi precedenti.

Circa il secondo aspetto, le “Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi” (DNC), che hanno sostituito il precedente TULD, prevedono la contestazione del reato di contrabbando qualora almeno uno dei diritti di confine dovuti dall’operatore doganale sia superiore alla soglia di euro 10mila euro.

Tra i diritti di confine rientrano ora, espressamente, oltre ai dazi ed alle accise, anche l’IVA all’importazione, la cui contestazione oltre soglia da parte della dogana, per mezzo di un avviso di accertamento doganale, può comportare la confisca amministrativa delle merci oggetto dell’illecito, unitamente alla multa ed alla reclusione qualora gli importi superino i 50mila euro. Una contestazione penale può evidenziarsi, altresì, qualora l’importo rimanga sotto la soglia dei 10.000 euro, ma ricorrano alcune circostanze aggravanti del contrabbando, che consentono quindi all’autorità giudiziaria di irrogare la multa ed applicare la pena della reclusione.

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