Con sentenza del Tribunale di Bari n. 2308/2023, relatore S.u. De Simone , datata 6 giugno 2023, vengono chiariti molti aspetti legati alla perdita del diritto all’assegno di mantenimento da parte dei figli maggiorenni, in particolare di quelli considerati “adulti”.
Con le conseguenze di legge anche in merito all’ assegnazione della casa familiare che non può essere immobilizzata senza tempo, con compressione del diritto di proprietà del genitore non convivente.
Nel caso di specie, nell’ambito di un giudizio di separazione, il ricorrente chiedeva non disporsi e anzi revocarsi l’assegno che era stato previsto in via provvisoria per i due figli, sebbene calmierato data l’età in euro 100,00 cadauno, maggiorenni ma colpevoli per non essersi inseriti nel mondo del lavoro.
E ciò pur essendo stati messi dai genitori nelle condizioni di realizzarsi con pagamento anche degli studi.
In particolare, un figlio si era diplomato a ventiquattro anni.
Peraltro, questi aveva frequentato diverse scuole private di recupero e non aveva neanche dimostrato nel processo cosa avesse fatto concretamente dopo questo diploma ed a quasi un anno dal suo conseguimento tardivo.
Il Tribunale sul punto ha ribadito, confermando il suo consolidato orientamento, che v’è l’inversione dell’onere della prova per il figlio adulto.
Cosa si intende per inversione dell’onere della prova?
Ovvero è il genitore o il figlio che chiede di conservare l’assegno a dover dimostrare che quest’ultimo si sia attivato nella ricerca di un lavoro e che non sia colpevolmente disoccupato.
Ha chiarito la sentenza, peraltro, che l’assegno di mantenimento non può rimanere sine die a carico dei genitori.
Quindi ha revocato lo stesso sia nei confronti del figlio sia nei confronti di una figlia quasi trentenne che, pur laureatasi da alcuni anni, non aveva ancora documentato un’ attività lavorativa.
La particolarità è che si è intervenuti su un problema annoso che è quello della ripetibilità, ovvero la restituzione, o meno dell’assegno di mantenimento corrisposto ai figli durante il processo iniziato per la sua eliminazione.
Negli anni ci sono stati provvedimenti contrastanti e non univoci sul punto.
Alcuni dispongono la retroattività sin dal deposito della domanda giudiziale della revoca dell’assegno di mantenimento, mettendo in crisi le stesse parti in quanto teoricamente dovrebbero restituire l’intera somma di mantenimento corrisposta dal genitore fino alla sentenza stessa.
E la durata del processo potrebbe anche essere di più anni.
In questi casi c’erano e ci sono diversi orientamenti: se il figlio percepiva un assegno di mantenimento, nonostante lavorasse durante il processo, nascondendo la sua situazione senza rinunziare spontaneamente all’assegno, è giusto che la retroattività/restituzione si applichi perché percepito in malafede da lui o dall’altro genitore convivente.
Nell’ipotesi in cui il figlio non è autonomo economicamente e il Giudice abbia acclarato questa mancata autonomia colpevole, non si può chiedere la ripetizione di somme perché hanno natura alimentare e quindi non ripetibili o compensabili con altri crediti.
Ed il caso del Tribunale di Bari rientra in questa ipotesi.
Per i due figli, dei quali non era stata provato un lavoro ma solamente dichiarata la loro colpevolezza nel non essersi resi autonomi, il Tribunale ha stabilito l’effetto immediato della sentenza.
Effetto immediato della sentenza significa da qui in poi e per il futuro, risolvendo in maniera giusta ed equilibrata il problema della retroattività.
Ed evitando problemi interpretativi che avrebbero dato luogo ad atti di precetto e di opposizione.
Alla revoca del diritto al mantenimento è seguita anche la revoca immediata della assegnazione della casa familiare, evidenziando il Collegio che essa non può essere più assegnata alla genitrice che vive con i figli, avendo perso essi il mantenimento.
Ribadendo che il Tribunale non può intervenire sul diritto di proprietà anche eventualmente assegnando il bene al coniuge più debole, perché non è nei poteri del giudice della separazione immobilizzare un bene se non nell’interesse dei figli.
Il Tribunale statuisce in conclusione che l’età adulta dell’avente diritto all’assegno non è senza conseguenze perché l’indipendenza economica si presume raggiunta tale età, salva la valutazione del singolo caso concreto.
Il Tribunale di Bari ha richiamato la Cassazione secondo cui “ l’infanzia non dura in eterno al pari della condizione dei figli mantenuti dai genitori, ha stabilito che finiti gli studi, siano quelli dell’obbligo o la laurea specialistica, un figlio ha il dovere di rendersi autonomo dai propri genitori ..”
La sentenza del nostro Tribunale ha affermato che l”a funzione educativa del mantenimento è nozione idonea a circoscrivere la portata dell’obbligo di mantenimento sia in termini di contenuto sia in termini di durata riguardo al tempo mediamente occorrente per l’inserimento nella società.. L’età maggiore pertanto tanto più è matura perché raggiunta secondo l’id quod plerumque accidit quell’età in cui si cessa di essere ragazzi e accettare istruzioni e indicazioni parentali per le proprie scelte di vita anche minute e quotidiane e si diventa uomini e donne implica l’insussistenza del diritto al mantenimento
Continua il Tribunale di Bari “l’obbligo legale di mantenimento del figlio cessa con il raggiungimento della maggiore età sicchè il diritto al mantenimento ulteriore resta subordinato ad una dichiarazione giudiziale……. con conseguente onere a carico del richiedente di provare la mancanza di indipendenza economica e di aver curato con ogni possibile impegno la propria preparazione professionale o tecnica”.
Il ben noto principio dell’autoresponsabilità che condivido ma mi chiedo: il genitore convivente li metterà mai alla porta venuto meno l’assegno dell’altro?
Penso proprio di no.
Diritto e cuore spesso non coincidono!
Avv. Cinzia Petitti
Direttore di Diritto§Famiglia.it