Referendum, Quesito I. Scheda rossa. Per abrogare la legge Severino

Il primo quesito chiede ai cittadini se vogliono cancellare la Legge Severino, che prevede incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica di amministratori pubblici in caso di condanna, anche di primo grado (quindi non definitiva).

Le questioni da porsi sono almeno due: una di carattere pratico, l’altra di principio di diritto. Le conseguenze pratiche della decadenza automatica di parlamentari, sindaci e amministratori locali condannati sono sotto gli occhi di tutti: vuoti di potere, amministrazioni paralizzate e avvicendamenti politici causati dalla sospensione temporanea dai pubblici uffici di persone (poi reintegrate al loro posto, con tutti i sacrosanti riconoscimenti economici) perché giudicate definitivamente innocenti. La seconda questione è di principio: la norma della incandidabilità automatica, che anche i sostenitori del “no” ritengono troppo rigida, appare contraria al costituzionale principio di non colpevolezza; eliminare la capacità di un cittadino italiano di ricoprire cariche elettive, costituzionalmente prevista dall’art. 51 Cost., sulla base di una sentenza non definitiva è un principio inaccettabile.

Non si può ritenere di voler sopperire all’eventuale mancanza di responsabilità, o di opportunità a non ricoprire cariche pubbliche in pendenza di accertamenti giudiziari o dopo l’espiazione di condanne, con un intervento normativo palesemente in contrasto con principi costituzionali; potrà essere l’elettorato attivo a valutare, di volta in volta, sia il comportamento del singolo candidato coinvolto in vicende giudiziarie (ovviamente mediatiche) che la sostenibilità di indagini e di processi avviati contro costui se, cioè, possono definirsi strumentali a fini politici o correttamente orientati ad accertare la commissione di reati. Non si deve inoltre dimenticare che vige nel nostro ordinamento la pena accessoria de “l’interdizione dai pubblici uffici” temporanea o perpetua che viene comminata dal giudice con la sentenza di condanna. Vietare, altra ipotesi prevista dalla Severino, automaticamente con norma dello Stato la possibilità di essere eleggibili dopo aver scontato la pena appare contrario alla funzione rieducativa della pena stessa; l’intervento punitivo e, soprattutto, rieducativo dello Stato (stabilito dall’art. 27 della Costituzione), che tramite il potere giudiziario stabilisce l’entità della pena nel giudizio di merito e le modalità di espiazione della stessa nella fase dell’esecuzione, restituisce alla società una persona “rieducata” ed eleggibile.

Nicola Quaranta è Avvocato del Foro di Bari

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