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Recupero credito in ricerca e sviluppo e parere preventivo del Mise

In presenza di un’attività di ricerca e sviluppo a elevato carattere tecnico-scientifico dell’iniziativa intrapresa dalla società, l’Ente impositore che intende disconoscere il credito relativo alle spese agevolate sostenute dal contribuente, è tenuto previamente ad acquisire il parere del MISE (il minstero delle Imprese e del Made in Italy), pena il vizio dell’atto di recupero del…
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In presenza di un’attività di ricerca e sviluppo a elevato carattere tecnico-scientifico dell’iniziativa intrapresa dalla società, l’Ente impositore che intende disconoscere il credito relativo alle spese agevolate sostenute dal contribuente, è tenuto previamente ad acquisire il parere del MISE (il minstero delle Imprese e del Made in Italy), pena il vizio dell’atto di recupero del credito d’imposta asserito inesistente. I controlli sui crediti R&S esposti nel quadro RU e utilizzati in compensazione nella dichiarazione dei redditi, sono tema delicato, atteso che il credito contestato viene sempre considerato “inesistente” e non semplicemente “non spettante”.

Lo scenario

Le problematiche relative alla spettanza sono immanenti alla loro natura: trattasi di crediti che presentano profili di elevata incertezza tecnico-scientifica e la contestazione formulata da un funzionario verificatore (o dalla GdF) non può che presentare inevitabili lacune in merito alla comprensione dell’attività del contribuente, in ragione di un evidente difetto di competenza dell’emittente nella valutazione complessa dei progetti di R&S.

Il parere tecnico del MISE ha quindi la funzione di valutare la natura tecnica delle attività dichiarate, in particolare per verificare se rispettano i criteri previsti. Questo è cruciale quando l’Agenzia delle Entrate contesta la spettanza del credito non per motivi formali, ma per assenza di requisiti sostanziali.

Con il consolidamento della distinzione dei crediti d’imposta “inesistenti” dai crediti esistenti ma “non spettanti”, il tema della legittimità degli atti di recupero dei crediti per ricerca e sviluppo e della correlata necessità di richiedere un preventivo parere del MISE è stata oggetto di ampio dibattito giurisprudenziale.

La giurisprudenza

Le sentenze di merito rigettano le tesi semplificatorie ed eliminatorie dell’Amministrazione finanziaria, connotate da autoreferenzialità, carenza di istruttoria e sostegno tecnico. La giurisprudenza maggioritaria ritiene illegittimi gli atti di recupero del credito d’imposta R&S emessi dall’AdE in assenza di un preventivo parere del MISE, tutte le volte in cui la contestazione fiscale riguarda aspetti tecnico-scientifici piuttosto che meramente amministrativi e manchi, all’interno dell’Amministrazione, una professionalità specifica per condurre l’istruttoria e valutare autonomamente l’attività agevolata.

Occorre evidenziare in ogni caso la posizione della Cassazione penale, che in sede cautelare ha ritenuto irrilevante ai fini del giudizio l’omessa acquisizione del parere del MISE sulla spettanza del credito R&S. Benché le decisioni richiamate spesso dimostrino una non omogeneità delle ragioni che, nelle rispettive sentenze, i giudici tributari hanno posto a fondamento della illegittimità degli accertamenti tributari, in questi casi, la mancanza del parere è qualificata come vizio istruttorio e può portare all’annullamento dell’atto impositivo, soprattutto qualora l’Agenzia abbia fondato la contestazione su valutazioni tecniche senza supporto specialistico e il contribuente abbia fornito perizie tecniche a sostegno della propria posizione.

A tal fine il legislatore prevede una “prova qualificata” – il parere del MISE – e, sebbene l’Agenzia non sia obbligata a tanto, qualora decidesse di non avvalersene dovrebbe essere in grado sul piano tecnico di provare l’assenza dei requisiti prescritti dalla legge e, di conseguenza, la non spettanza del credito di imposta.

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