La Commissione Europea propone di limitare la pesca a strascico, i pescatori italiani insorgono dicendo che si toglie loro il pane di bocca. Trovano anche sponde politiche che li sostengono.
Le risorse ittiche del Mediterraneo sono in via di esaurimento a causa della pesca industriale. Sui banchi delle nostre pescherie arriva pesce allevato e pesce pescato in altri mari. Il pesce mediterraneo è sempre meno. I pescatori dicono che la diminuzione è dovuta a inquinamento e a mille altre cause, non alla pesca. Nelle aree marine protette i pesci tornano e l’unica limitazione riguarda proprio la pesca. Un’area marina protetta non ferma l’inquinamento.
Se si riduce l’impatto della pesca, i pesci possono riprendersi: lo abbiamo visto con il tonno rosso. L’applicazione di quote che limitano i prelievi ha permesso la ricostituzione delle popolazioni di una specie che pareva sull’orlo dell’estinzione. I pescatori sanno che la pesca industriale depaupera le risorse ma continuano a invocare altre cause per la distruzione del capitale naturale che dovrebbe garantire la loro prosperità economica. Lo strascico ara i fondali, e prende tutto quello che ha rapporti con il fondo. Una buona parte di quel che rimane nella rete è pescato accidentalmente.
In Adriatico i pescatori parlavano degli “sporchi” e si riferivano a spugne, molluschi, e alla miriade di altri organismi. Prendevano anche aragoste e pesci. Poi, a un certo punto, gli “sporchi” sono scomparsi e, con loro, le prede che tanto erano ambite da chi strascicava i fondali. Quella fauna ittica era prospera perché c’era un ambiente che le permetteva di prosperare. Se si raccolgono i funghi prelevando anche la foresta (gettandola prontamente via, dopo aver estratto i funghi) poi non ci possiamo lamentare se non ci sono più funghi. E’ la foresta che permette che ci siano i funghi. Chi vive raccogliendo funghi (o pesci) deve preservare l’ambiente dove vivono gli organismi che vuole sfruttare, altrimenti il prelievo diventa insostenibile.
Quando la pesca artigianale ha smesso di essere proficua, si è passati alla pesca industriale, aumentando l’efficienza del prelievo. Questo porta al depauperamento delle risorse che dovrebbero sostenere i pescatori che, inoltre, sono aiutati da sussidi che li agevolano, per esempio, per i costi di carburante, e non solo. I sussidi permettono di continuare a pescare anche se, senza sussidi, la pesca non sarebbe più conveniente. Questo non fa che esacerbare l’impatto della pesca e il depauperamento delle risorse che la rendono possibile (i pesci). Il mare sarà in buona salute se continuerà a sostenere i pescatori, la cui esistenza è un termometro della salute del mare: i pescatori vanno salvaguardati in tutti i modi possibili, ma non aiutandoli a distruggere le risorse su cui basano la loro esistenza. Hanno ragione, i pescatori, a dire che se impediamo che certe risorse siano prelevate da noi, allora queste arriveranno da altri posti.
Se vietiamo lo strascico in Mediterraneo dobbiamo vietare l’importazione di prodotti prelevati altrove con la stessa tecnica di pesca. Altrimenti non facciamo che delocalizzare gli impatti. E già lo facciamo con pesce pescato in acque africane. I tonni nelle scatolette vengono dal Pacifico e dall’Indiano. In alcuni casi, comunque, si tratta di pesce prelevato con tecniche sostenibili, ad esempio con gli ami invece che con le reti. I pescatori devono chiedere che si sviluppino tecniche di pesca che non distruggano il patrimonio naturale da cui traggono il loro sostentamento. Se chiedono di continuare a depauperare il mare non fanno i loro interessi.
Ferdinando Boero è presidente della Fondazione Dohrn