Partite Iva, aumentano restrizioni e controlli: rafforzata la prevenzione dell’Agenzia delle entrate

La procedura di attribuzione del numero di partita Iva e le successive attività di controllo hanno subito delle ulteriori restrizioni con la Legge di Bilancio 2023. Difatti all’Agenzia delle Entrate sono stati attribuiti nuovi poteri, molto più penetranti, che vanno oltre quelli già introdotti con il comma 15- bis dell’art. 35 del D.p.r. n. 633/1972. Segnatamente l’Agenzia delle Entrate, nell’ottica di un più stringente contrasto a comportamenti fraudolenti, sarà ora chiamata ad una più articolata e specifica analisi del rischio legato all’attribuzione ed alla operatività di nuove partite IVA. In tale direzione l’Agenzia, non limitandosi a riscontri meramente formali o automatizzati, avrà un ruolo attivo nella ricerca di situazioni anomale in cui la partita IVA sia detenuta da soggetti che potrebbero in realtà risultare fittizi o non realmente operativi.

Al fine, dunque, di una verifica sostanziale della reale esistenza economica del soggetto richiedente, il contribuente potrà essere invitato a presentarsi presso gli uffici per esibire idonea documentazione mediante la quale sia possibile verificare l’effettivo esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale e da cui emerga l’assenza di qualsivoglia profilo di rischio.

La legge di Bilancio 2023, per mezzo dell’art. 1, commi 148-150, ha infatti rafforzato l’attività di presidio preventivo sul rilascio di nuove partite IVA, introducendo due nuovi commi 15-bis 1 e 15-bis 2 all’articolo 35 del D.p.r. n. 633/1972.

Nello specifico, il nuovo comma 15-bis 1 stabilisce che: “Ai fini del rafforzamento del presidio di cui al comma 15-bis, l’Agenzia delle Entrate effettua specifiche analisi del rischio connesso al rilascio di nuove partite Iva, all’esito delle quali l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate invita il contribuente a comparire di persona presso il medesimo ufficio, ai sensi dell’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, per esibire la documentazione di cui agli articoli 14 e 19 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, ove obbligatoria, per consentire in ogni caso la verifica dell’effettivo esercizio dell’attività (………)”. Ove il contribuente non compaia ovvero a seguito di esito negativo dei controlli espletati sui documenti eventualmente esibiti, l’Ufficio emana il provvedimento di cessazione della partita Iva.

Trattasi, sul piano procedurale, di un’importante innovazione che oltre a introdurre nuovi poteri di controllo riferiti alle scritture contabili obbligatorie, prevede anche degli effetti diretti derivanti dalla mancata ottemperanza del contribuente all’invito da parte dell’Ufficio.

Particolarmente rilevante risulta il disposto del nuovo comma 15-bis 2 in base al quale – fermo restando la disciplina applicabile nei casi in cui la cessazione della partita Iva comporti l’esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti che effettuino operazioni intra-UE – in caso di cessazione (ai sensi dei commi 15-bis e 15-bis1) la partita Iva può essere nuovamente richiesta dal medesimo soggetto, in qualità di imprenditore individuale, lavoratore autonomo o rappresentante legale di società, associazione o ente, con o senza personalità giuridica (costituite successivamente al provvedimento di cessazione della partita Iva), solo previo rilascio di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria per la durata di tre anni dalla data di rilascio e per un importo non inferiore a 50.000 euro. Nell’ipotesi di eventuali violazioni fiscali commesse antecedentemente all’emanazione del provvedimento di cessazione, l’importo della fideiussione dovrà essere pari alle somme, se superiori a 50.000 euro, dovute a seguito di dette violazioni fiscali, sempre che non sia intervenuto il versamento delle stesse. Si deve a tal proposito osservare che, al di là delle perplessità legate al subordinare l’attribuzione della partita Iva (e, quindi, lo svolgimento di una attività economica) ad una garanzia fideiussoria, tale soluzione non appare facilmente praticabile per le concrete difficoltà connesse al rilascio della polizza.

Si deve inoltre rilevare, sotto il profilo meramente sanzionatorio, che a seguito di un eventuale provvedimento di cessazione della partita Iva, l’introduzione del comma 7-quater (ad opera del comma 149 della legge di Bilancio 2023), all’interno dell’art. 11 del D.lgs. n. 471/1997, prevede che il contribuente, destinatario del provvedimento emesso ai sensi dei citati commi 15-bis 1 e 15-bis 2, sia soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 3.000 senza possibilità di beneficiare del “cumulo giuridico” ex articolo 12 del D.lgs. n. 472/1997 (“Concorso di violazioni e continuazione”). Tale provvedimento sanzionatorio, nella bozza iniziale della legge di Bilancio, era esteso anche alla figura dell’intermediario che ne rispondeva in via solidale. L’inciso è stato, opportunamente, eliminato, in fase di approvazione della legge, rimanendo la sanzione per il solo contribuente.

In conclusione appare opportuno auspicare una attenta, selettiva ed oculata applicazione delle nuove disposizioni restrittive che, nel garantire l’obiettivo certamente condivisibile di contrastare comportamenti illegittimi, non determini eccessive e ingiustificate complicazioni nell’avvio delle attività professionali e imprenditoriali nel pieno rispetto del principio di libera iniziativa economica privata tutelato dall’art. 41 della Costituzione.

Angelo Cuva è avvocato, vice presidente di Uncat e docente di Diritto tributario all’Unipa

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