Normate le criptovalute. Ecco che cosa cambia

Le cripto-attività o criptovalute (bitcoin, stablecoin) sono finalmente approdate in modo strutturale nell’ordinamento tributario interno con la legge di bilancio n. 197/2023, la quale ha integrato la loro disciplina negli articoli 67 e 68 del Testo unico delle imposte dirette. Si tratta di una valuta “virtuale”, basata sul metodo di scambiare danaro aggirando gli ufficiali canali bancari ma capace di generare reddito tassabile.

Prima della legge di bilancio la moneta virtuale non era ignota né all’Agenzia delle Entrate che, recependo la giurisprudenza comunitaria, con riferimento al trattamento fiscale dell’attività di servizi relativa ai bitcoin, ebbe ad affermarne l’esenzione dall’Iva, ai sensi della direttiva comunitaria, mentre il reddito era soggetto ad Ires, né alla giurisprudenza.

La giurisprudenza tributaria, infatti, ha ricondotto la tassazione della plusvalenza derivante dallo scambio di valute nell’ambito dei redditi diversi (art. 67 Tuir) ove attualmente la legge di bilancio 2023 ha collocato le cripto-attività.

Per la Corte di Giustizia UE, ai fini Iva, le operazioni relative a valute non tradizionali, costituiscono operazioni finanziarie, in quanto tali valute siano state accettate dalle parti di una transazione quale mezzo di pagamento alternativo ai mezzi di pagamento legali e non abbiano altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento. Per la Corte Ue la valuta virtuale a flusso bidirezionale «bitcoin» non può essere qualificata come «bene materiale» ai sensi dell’articolo 14 della direttiva Iva, poiché questa valuta virtuale non ha altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento. Le operazioni di cambio costituiscono prestazioni di servizi ai sensi dell’articolo 24 della direttiva Iva.

La legge di bilancio ha inserito le cripto-attività nell’art. 67 del Tuir tra i redditi diversi a carico delle persone fisiche e le ha definite “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente”. A partire dal primo gennaio 2023, quindi, saranno tassati come redditi diversi le plusvalenze (cioè i maggiori valori) e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate, non inferiori complessivamente a duemila euro nel periodo d’imposta considerato. La legge disciplina anche il trattamento delle operazioni poste in essere prima del primo gennaio 2023, considerate realizzate ai sensi dell’art. 67 Testo Unico novellato dalla legge di bilancio, e permette di dedurre dalle plusvalenze in tal modo realizzate le minusvalenze realizzate prima del primo gennaio 2023.

Ai fini della tassazione, la legge opera un intervento anche sull’imposta sostitutiva, nel senso che per ciascuna cripto-attività posseduta al primo gennaio 2023, può essere assunto, in luogo del valore di acquisto, il valore a tale data e a condizione che questo valore sia assoggettato all’imposta sostitutiva del 14%.

I contribuenti che non avessero dichiarato in passato la detenzione delle cripto-attività e i relativi redditi potranno regolarizzare l’omesso denuncia attraverso la presentazione di un’apposita dichiarazione e il versamento della sanzione. Ove il possesso delle criptovalute avesse generato in passato redditi tassabili, sarà consentito ai contribuenti poter versare un’imposta sostitutiva in misura pari al 3,50% del valore delle cripto-attività detenute al termine di ciascuna annualità e con una sanzione ridotta dello 0,5%.
Questo, in brevissima sintesi, il quadro di riferimento, dal quale emergono due considerazioni critiche:

  • la prima è relativa alla normazione delle cripto-attività, svincolate dalla disciplina di fonte giurisprudenziale, in tal modo si viene a realizzare la positivizzazione del trattamento fiscale di quei valori;
  • la seconda si pone in conseguenza (il)logica della prima poiché ad essere tassate possono essere anche le criptovalute possedute anche anteriormente all’entrata in vigore della legge di bilancio.

Il che pone un problema di oggettiva, sostanziale incostituzionalità della tassazione, in violazione dell’art. 23, concernente la riserva di legge, dell’art. 25 in virtù del quale nessuno può essere punito se non in forza di una legge anteriore alla commissione del fatto, per le possibili ricadute sul piano penale, segnatamente in tema di autoriciclaggio, nonchè per contrasto con l’art. 3 dello Statuto del contribuente, per il quale le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. In conclusione, si sarebbe potuto far di meglio, piuttosto che creare nuove occasioni di contenzioso.

Antonio Damascelli è avvocato e presidente di Uncat

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