Da più di due anni operatori del settore, professionisti e studiosi si stanno interrogando sulla portata del nuovo dovere di adottare “assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati, anche in funzione di prevenzione della crisi di impresa”, introdotto dal riformato art. 2086 c.c. (in vigore da marzo 2019, nell’ambito delle novità apportate dal Codice della Crisi di Impresa). Tale obbligo, lo si ricorda, ricade su tutte le imprese collettive, a prescindere dalla forma societaria o meno (incluse quindi le cooperative, le società di persone, le imprese agricole, le società pubbliche ecc.), e quindi su tutte le piccole e medie imprese che, come noto, sono la grande maggioranza nel panorama italiano.
Se per la grande impresa l’esigenza di una “buona organizzazione” è tema sentito ed affrontato da tempo, la sfida della nuova normativa – di natura innanzitutto culturale – è in capo alla piccola-media impresa. Occorre dunque domandarsi quali siano, in concreto, le caratteristiche di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato, e confrontare la propria realtà imprenditoriale con un paradigma di “impresa ben organizzata e ben gestita”, adoperandosi per colmare le eventuali lacune, per il fine ultimo della tutela della continuità aziendale, e della prevenzione della crisi. Viene in aiuto in questo compito non facile, la sentenza del Tribunale di Cagliari, Sezione Specializzata in Materia di Impresa, del 19 gennaio 2022, che è tra le prime pronunce sul tema degli assetti organizzativi ex art. 2086 c.c. Con questo provvedimento il Tribunale ha analizzato la situazione concreta di una società cooperativa agricola, nei confronti della quale era stato avviato un procedimento civile – su impulso del collegio sindacale – per accertare il compimento, da parte degli amministratori, di gravi irregolarità nella gestione. Proprio nell’ambito di questo procedimento, il Giudice ha incaricato un ispettore di verificare “lo stato di salute” della società, tramite analisi dei processi interni e quindi dell’organizzazione dell’ente in senso più ampio. All’esito dell’ispezione l’ispettore ha segnalato al Tribunale come grave irregolarità il fatto che la cooperativa fosse “sprovvista di un adeguato assetto organizzativo di cui all’art. 2086 c.c. in funzione della natura e dimensioni dell’impresa, ai fini della rilevazione tempestiva di eventuali sintomi di squilibrio economico-finanziario e della salvaguardia della continuità aziendale”. Più nel dettaglio, l’assenza di assetto organizzativo adeguato è stata riscontrata nei seguenti fattori (i) organigramma non aggiornato; (ii) assenza di piano industriale e strategico a breve e a medio-lungo termine; (iii) assenza di relazioni dell’organo amministrativo sull’andamento gestionale. Sotto il profilo contabile, è stata rilevata: (i) l’assenza di sistema o procedura di gestione dei crediti commerciali; (ii) l’assenza di controllo sui pagamenti tardivi; (iii) l’assenza di adeguata analisi di bilancio che permetta di rilevare tempestivamente situazioni di squilibrio. Alla luce di questa pronuncia si possono quindi individuare, a contrario, quelle che devono ad oggi essere considerate le best practices – minime – dell’impresa adeguatamente organizzata. Come sottolinea lo stesso Tribunale nella pronuncia, inoltre, la “la violazione della obbligazione di predisporre adeguati assetti è più grave quando la società non si trova in crisi, anche perché, del resto, proprio in tale fase essa ha le risorse anche economiche per predisporre con efficacia le misure organizzative, contabili, amministrative”. Sempre di più quindi sarà richiesto ad ogni operatore commerciale di essere (e di poterlo dimostrare) ben organizzato e ben gestito, sia in funzione di prevenzione della crisi di impresa, ma più in generale per garantire un tessuto di imprese sempre più solide e affidabili sul lungo periodo, e in ultima analisi sostenibili.
Alessandra Coletti è avvocata – Studio Lecis Cannella Grassi – Milano