Il benessere animale è un elemento centrale per la zootecnia moderna. Un concetto che appare chiaro, ma che assume significati diversi a seconda di chi lo utilizza, fino a rischiare di perdere la sua portata originaria. Su questo tema le influenze culturali, etiche e sociali spesso prevalgono sul tentativo di definire l’unico criterio realmente rilevante: la capacità di ogni animale allevato di adattarsi in modo efficace ed efficiente alle condizioni in cui vive.
Non un’opinione umana, dunque, ma una condizione dell’animale, la cui valutazione rimane una sfida complessa. Il progresso scientifico rende questo campo in continua evoluzione: gli studi sugli stati emotivi hanno superato il semplice riconoscimento della senzienza, analizzando le emozioni, come misurarle e come assicurare non solo un adeguato adattamento fisiologico, ma anche stati di serenità e, quando possibile, felicità. È il “benessere positivo”: non solo assenza di dolore o malattia, ma presenza di condizioni emotivamente favorevoli.
Spesso i media e l’opinione pubblica, per esigenze di semplificazione o per pregiudizi morali e culturali, rappresentano gli allevatori come antagonisti del benessere animale. Una visione che contrasta con le evidenze scientifiche: l’innalzamento degli standard è infatti un fattore di competitività, sostenibilità ed efficienza produttiva in un mondo che deve nutrire una popolazione crescente con risorse limitate.
Per questo l’intero comparto zootecnico, anche sotto la spinta del legislatore europeo e nazionale, sta investendo in strutture e gestione: costi nel breve periodo, ma strategie di redditività nel medio e lungo termine. L’allevatore evolve verso una figura manageriale: pianificazione dei costi, uso dei dati sanitari e produttivi, tecnologie digitali per monitorare il benessere sono ormai strumenti indispensabili.
Demonizzare un settore così rilevante, o trasformare scelte etiche individuali in morale collettiva, rischia di indebolire un sistema che sta già cambiando in modo responsabile. Il benessere animale non è una scelta individuale né un interesse contrapposto tra società e produttori: allevare in condizioni elevate unisce produttività, etica ed efficienza, rendendo la qualità della vita degli animali parte integrante della qualità dei prodotti e della competitività dell’intera filiera.