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La sostenibilità di genere come misura di contrasto al fenomeno del pinkwashing

Il comitato Economico Sociale Europeo (Cese), in un suo recente parere pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 16 marzo avente ad oggetto il tema degli «Investimenti basati sul genere nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza», pone l’attenzione sullo stato dell’arte dell’obiettivo 17 dell’Agenda 2030 dell’Onu e precisamente sul tema della parità…

Il comitato Economico Sociale Europeo (Cese), in un suo recente parere pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 16 marzo avente ad oggetto il tema degli «Investimenti basati sul genere nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza», pone l’attenzione sullo stato dell’arte dell’obiettivo 17 dell’Agenda 2030 dell’Onu e precisamente sul tema della parità di partecipazione ai diversi settori economici nonché sul divario retributivo tra donne e uomini.

Il Cese, al fine di ridurre i divari di genere, sollecita una rapida adozione e implementazione della proposta di direttiva sulla trasparenza salariale—attualmente in fase di negoziato al trilogo — e richiama ad una stretta vigilanza delle cause e responsabilità affermando che l’obiettivo della migliore partecipazione delle donne al mercato del lavoro esige un’analisi strutturale e globale che tenga conto delle variabili di natura economica, educativa, geografica, sociale e culturale anche nelle zone remote e rurali.

La questione è più che mai viva anche nel nostro Paese se consideriamo che nel 2020 le posizioni rappresentative o di vertice nella Pubblica Amministrazione raggiungevano il 15,9% delle donne e superando il 20% nelle amministrazioni centrali e arrivando al 30% nei Ministeri; sotto il 10% nelle regioni e nelle province/città metropolitane (dati Istat 2022).

Così anche per ciò che concerne il mondo imprenditoriale, in particolare nel settore agricolo, in Italia, le donne imprenditrici sono 355.780 e rappresentano il 31,47% del totale. In Europa le aziende agricole condotte da imprenditrici sono circa un terzo del totale (31,56%) con una più alta incidenza di donne imprenditrici in Lituania (44,93), Lettonia(44,78), Romania (37,36), Austria (35,32), Polonia (34,43), Grecia (32,16) (dati raccolti dal censimento agricolo 2020).

Lo strumento del Pnrr potrebbe rappresentare, dunque, una leva importante per rafforzare azioni dirette e indirette atte a favorire l’accesso e il mantenimento delle donne nel mondo del lavoro incentivando una programmazione coordinata e complementare dei PNRR con tutte le altre risorse e programmi comunitari a partire dalle risorse e i programmi per la coesione (strumento essenziale per correggere gli squilibri tra paesi e regioni) prevedendo, altresì, indicatori comparabili per misurare i miglioramenti sull’uguaglianza salariale, accesso al mercato del lavoro, conciliazione dei tempi di lavoro e di cura, credito agevolato, incentivi per la promozione dell’autoimprenditorialità e autoimpiego femminile. Verrebbe così incoraggiata l’adozione del bilancio di genere come strumento volto a promuovere l’inclusione di genere capace di attrarre investitori attenti al tema e in grado di condividere le migliori pratiche e di promuovere opportunità di finanziamento dell’imprenditorialità femminile. Rispetto alla proposta del Cese di introdurre l’obbligo di certificazione della parità di genere per ridurne il divario, il nostro Paese ha già adottato la L 162 del 5.11.2021 che ha introdotto le modifiche al codice sulla parità di genere e ha previsto l’adozione a decorrere dal 1.1.2022 di una certificazione, da parte dei datori di lavoro, attestante le politiche e le misure concrete adottate per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale e di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. Affinché i buoni propositi non restino vani, sono previsti meccanismi incentivanti per le aziende virtuose che potranno beneficiare di un esonero dal versamento contributivo fino ad un massimo di 50 milioni di euro annui a patto che  la certificazione venga rilasciata da un ente accreditato.

L’Uni (Ente Italiano di Formazione) ha recentemente pubblicato le linee guida UNI/PdR 125:2022 tese a concretizzare gli obiettivi della Missione 5 del Pnrr (“Inclusione, coesione e politiche del lavoro) al fine ottenere entro il 2026 una progressione del nostro Paese nella classifica dell’indice di uguaglianza di genere elaborato dall’EIGE (Istituto europeo per l’uguaglianza di genere). La trasparenza informativa che è richiesta alle imprese oggi passa anche per la sostenibilità di genere e la certificazione basata su indici di performance stringenti, potrebbe rivelarsi uno strumento utile a riconoscere fenomeni di pinkwashing attraendo maggiori opportunità di investimenti.

Avv. Eliana Baldo

Filiera 21- Associazione per l’agroalimentare

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