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La democrazia in bilico nella legislatura che verrà

“Il popolo è sovrano”. In tale fase storica, l’art. 1 della Costituzione è stato spesso evocato dalla classe politica italiana per giustificare la necessità di terminare con anticipo l’attuale Legislatura. Tuttavia, tale trend moderno implica gravissimi rischi, in quanto finisce per intendere la sovranità solo in chiave soggettiva, nonché a leggere il concetto come potere…

“Il popolo è sovrano”. In tale fase storica, l’art. 1 della Costituzione è stato spesso evocato dalla classe politica italiana per giustificare la necessità di terminare con anticipo l’attuale Legislatura. Tuttavia, tale trend moderno implica gravissimi rischi, in quanto finisce per intendere la sovranità solo in chiave soggettiva, nonché a leggere il concetto come potere e non come diritto. Il richiamo alla sovranità popolare, dunque, sembra rappresentare un ottimo escamotage per soddisfare gli interessi delle forze politiche, le quali sembrano non tenere conto di talune questioni cruciali.

In tale sede, si ritiene ragionevole soffermare l’attenzione su quei “nodi” che intralciano l’avvio della IX Legislatura. Il primo è dato dal futuro della Presidenza della Repubblica: la riconferma di Sergio Mattarella al Quirinale era legata alla presenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi fino alla scadenza naturale della Legislatura (febbraio 2023). Come noto, il Capo dello Stato si è mosso con estrema saggezza, facendo prevalere l’obiettivo della governabilità sul ritorno alle urne: tutti gli Esecutivi succedutesi negli ultimi anni hanno preso forma con maggioranze parlamentari composte da forze politiche distanti tra loro. Tuttavia, a differenza dei due precedenti, il sessantasettesimo Esecutivo è il frutto della volontà dei due principali attori istituzionali: mentre il Premier si è posto al di fuori dallo scacchiere politico, il Capo dello Stato ha assunto un ruolo decisivo nella scelta del primo, preso atto della totale paralisi della politica italiana. A parte il pericolo delle “dimissioni anticipate”, preoccupa notevolmente quel progetto di legge presentato l’11 giugno 2018 e respinto il 10 maggio 2022, volto ad apportare modifiche alla II parte della Costituzione in merito all’elezione diretta del Presidente della Repubblica.

Il secondo “nodo” è rappresentato dalla vigente legge elettorale (c.d. Rosatellum bis): un sistema elettorale misto a separazione completa che, per via della riforma costituzionale sulla riduzione del numero del parlamentari, oggi accresce le difficoltà nella formulazione delle liste di ciascun partito. Si tratta – a parere di chi scrive – di uno “storico fallimento”: come ampiamente marcato, la legge elettorale in esame riduce notevolmente l’autonomia dell’organo legislativo in ragione dell’influenza che i partiti o i movimenti manifestano in campo parlamentare. È ragionevole ricordare che la scelta di un sistema elettorale, pur non rivelandosi semplice, assume rilevanza: una buona legge elettorale, infatti, garantisce un Governo stabile e dotato di ampia maggioranza, oltre ad eleggere parlamentari in grado di rappresentare al meglio cittadini e rispondere ai loro interessi.

Infine, desta timore l’eventuale isolamento dell’Italia a livello europeo: con il Governo Draghi, spinto dall’intento di riconciliare interesse nazionale e vocazione europea, l’Italia si è contraddistinta per un indiscusso protagonismo internazionale. Entrando nel dettaglio, gli ultimi due anni sono stati scanditi da una fitta rete di appuntamenti vitali per l’azione climatica ed energetica. In aggiunta, occorre non trascurare che nel giro di un breve lasso di tempo l’Esecutivo ha conseguito l’approvazione del PNRR e il plauso pubblico della Presidente della Commissione, trattando egregiamente nelle sedi istituzionali competenti tutti i punti delineati. “Quello guidato da Draghi era un governo che aveva ridato all’Italia credibilità e influenza” – affermava il New York Times all’indomani delle dimissioni del Premier. Dalla breve e rapida trattazione delle questioni sollevate traspare un dato di fatto: al prossimo Capo del Governo spetterà l’arduo compito di conquistare non solo la fiducia estera, ma anche e soprattutto quella italiana.

La dott.ssa Luana Leo è dottoranda di Diritto Costituzionale nell’Università LUM Giuseppe De Gennaro

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