Intercettazioni: il ddl Nordio punta sulla privacy per evitare che la cronaca si trasformi in pettegolezzo

Nessun dubbio al riguardo: benché invasive, le intercettazioni rappresentano uno strumento spesso indispensabile per lo svolgimento delle indagini e per l’accertamento dei reati, soprattutto di quelli particolarmente gravi. L’attenzione che il legislatore ha sempre dedicato a questo tema non fa che confermare il ruolo centrale che tale mezzo di ricerca della prova gioca nel processo penale. Numerose, infatti, sono le riforme legislative che si sono susseguite nel corso degli anni, nel costante tentativo di realizzare il difficile ma necessario bilanciamento tra contrapposti interessi di primario rilievo: da un lato il diritto alla libertà e alla riservatezza delle comunicazioni, dall’altro la sicurezza sociale.

È in questo contesto che si inserisce il recente disegno di legge proposto dall’attuale ministro della Giustizia Nordio che, mediante la revisione di alcune disposizioni del codice di procedura penale, intende razionalizzare la disciplina delle intercettazioni, con l’obiettivo di mitigarne la pervasività, allo scopo di tutelare le persone che non sono coinvolte nel processo.

Per cogliere la delicatezza del tema, basti pensare alla quantità di informazioni che possono essere captate intercettando un cellulare: è inevitabile che, oltre agli elementi utili ai fini investigativi, vengano raccolte conversazioni telefoniche tra l’indagato e soggetti estranei al procedimento, in merito a fatti del tutto irrilevanti per l’indagine.

E non è infrequente che tali conversazioni – depositate nel fascicolo d’indagine – vengano poi diffuse tramite organi di stampa.

Ecco che emerge in tutta chiarezza la necessità di un’idonea regolamentazione dell’utilizzo delle intercettazioni; una regolamentazione che da un lato consenta di svolgere le indagini in modo completo ed efficace, ma che dall’altro lato non comprima i diritti fondamentali dell’individuo.

Con l’obiettivo dichiarato di salvaguardare la riservatezza dei terzi non coinvolti nel procedimento (e di ridurre i costi della giustizia), il c.d. “ddl Nordio” propone una serie di interventi che si muovono in questa direzione: prevedere dei limiti alla trascrizione, alla pubblicazione e alla divulgazione delle intercettazioni che coinvolgano fatti e soggetti estranei al reato.

Ad esempio, oggi per evitare che la fuga di notizie possa inficiare l’efficacia delle investigazioni, è vietato pubblicare il contenuto delle comunicazioni intercettate sino al momento in cui si concludono le indagini preliminari. Diversamente, con l’approvazione della riforma, tale divieto ‘cadrebbe’ in un momento successivo: il ddl Nordio prevede infatti che le intercettazioni possano essere pubblicate solo quando il loro contenuto sia prodotto nel dibattimento, ossia quando il processo penale diviene pubblico.

Nello stesso senso si muove il secondo punto della riforma. Attualmente è infatti previsto che, terminate le indagini, qualsiasi interessato possa estrarre copia delle intercettazioni. Per evitare che il divieto di pubblicazione sia aggirato, la riforma propone di limitare tale facoltà alle sole parti del processo (indagato, persona offesa e difensori), fino a quando tali atti non siano effettivamente divulgabili.

La tutela di chi è estraneo al procedimento si fa ancor più profonda negli altri due punti della riforma. Per cercare di risolvere il problema all’origine, si intende introdurre l’obbligo per pubblico ministero e giudice di “stralciare” il contenuto di quelle intercettazioni lesive della reputazione di persone estranee al processo, che non siano rilevanti ai fini delle indagini, nonché il divieto di riportare, negli atti applicativi di misure cautelari, i dati sensibili dei terzi, salvo che ciò sia indispensabile a fini processuali.

In sintesi, l’obiettivo di fondo della proposta normativa è tutelare la privacy di chi, pur essendo estraneo al processo, si trovi coinvolto in atti investigativi, per aver parlato con chi è indagato e intercettato. Di riflesso, lo scopo della riforma è evitare che la cronaca sul processo si trasformi in cronaca sul pettegolezzo penalmente irrilevante e su persone non accusate di nessun reato.

Non sembrano allora esservi dubbi sulla auspicabilità di un simile obiettivo. Nondimeno, stante la delicatezza degli interessi in gioco, è inevitabile che si registrino opinioni contrastanti sull’attuale disegno di legge, al pari di quanto accaduto con la riforma dello scorso ottobre di iniziativa dello stesso ministro e che ha riguardato il tema – altrettanto discusso – dell’uso del captatore informativo, c.d. ‘trojan horse’.

Il captatore comporta la massima pervasività delle intercettazioni e, conseguentemente, il più alto rischio di violazione della privacy sia dell’intercettato, sia dei suoi interlocutori. Proprio su questo aspetto, ad ottobre scorso, è intervenuta una riforma che ha previsto una motivazione più approfondita per l’utilizzo dello strumento.

Anche in tal caso – inevitabilmente – non sono mancate polemiche e contrasti da parte degli operatori del settore.

Emanuele Angiuli è Partner di Fornari e Associati

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