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Influencer e beneficenza: in arrivo la legge ad hoc. Il ddl approda in Parlamento

Questo articolo è un contributo scritto da Giorgio Damascelli in collaborazione con Domenico Naio, entrambi membri dello studio legale Ciani Partners Il disegno di legge varato dal Consiglio dei ministri il 25 gennaio, ora al vaglio del Parlamento, ha ad oggetto la vendita dei prodotti legati a campagne di beneficenza e si pone come obiettivo…

Questo articolo è un contributo scritto da Giorgio Damascelli in collaborazione con Domenico Naio, entrambi membri dello studio legale Ciani Partners

Il disegno di legge varato dal Consiglio dei ministri il 25 gennaio, ora al vaglio del Parlamento, ha ad oggetto la vendita dei prodotti legati a campagne di beneficenza e si pone come obiettivo quello colmare un vuoto nella normativa delle attività commerciali che abbiano anche uno scopo benefico. E difatti, le novità introdotte dal disegno di legge, come spiegato in una nota del Governo, sono finalizzate ad assicurare un’informazione chiara e non ingannevole sulla commercializzazione di prodotti i cui proventi sono in parte destinati ad iniziative solidaristiche. Esse prevedono, in capo alle imprese, precisi obblighi di trasparenza a favore dei consumatori, con contestuale obbligo di indicare, tanto sulle confezioni dei prodotti quanto nell’ambito delle pratiche e delle comunicazioni commerciali, le informazioni concernenti il destinatario della beneficenza, la finalità cui sono devoluti i proventi e l’importo complessivo destinato a tal fine, se predeterminato, ovvero la quota percentuale del prezzo di vendita per unità di prodotto.

Ai sensi dell’articolo 3 della bozza approvata, i produttori e i professionisti, prima di immettere i prodotti in commercio, dovranno comunicare all’Autorità amministrativa di settore (Agcm detta anche “Antitrust”) l’operazione promozionale e il termine entro cui sarà effettuato il versamento dell’importo destinato alla beneficenza e, entro tre mesi dalla scadenza del predetto termine, l’intervenuto versamento al beneficiario.

A latere delle novità introdotte, il Legislatore ha adottato stringenti misure sanzionatorie in caso di mancata compliance alla normativa e ha investito del relativo potere l’Agcm che dovrà vigilare sul rispetto degli obblighi informativi, anche attraverso l’adozione di sanzioni minime e massime irrogabili ai trasgressori. Difatti, salva l’applicazione di eventuali sanzioni penali, il ddl in parola si chiude con la previsione di una disciplina sanzionatoria amministrativa sviluppata su più livelli.

Il primo profilo prevede un pacchetto di misure con funzione deterrente in chiave pecuniaria: viene, infatti, stabilito che, salvo il fatto configuri una pratica commerciale scorretta, la violazione delle disposizioni relative agli obblighi informativi è punita con una sanzione amministrativa da 5 mila a 50 mila euro, commisurata al prezzo di listino di ciascun prodotto e al numero di unità poste in vendita. Nell’ipotesi di reiterazione della violazione è disposta la sospensione dell’attività per un periodo da un mese a un anno, mentre nei casi di maggiore gravità la sanzione è aumentata fino a due terzi e in quelli di minore gravità è diminuita fino a due terzi.

Il secondo profilo concerne, invece, gli aspetti reputazionali del trasgressore. All’uopo è prevista la pubblicazione da parte dell’Agcm dei provvedimenti sanzionatori irrogati, anche per estratto, su una sezione ad hoc del proprio sito istituzionale, sul sito del produttore o del professionista/influencer destinatario della sanzione, su uno o più quotidiani, nonché mediante ogni altro mezzo ritenuto opportuno in relazione all’esigenza di notiziare i consumatori, a cura e spese dei trasgressori medesimi. In caso di inottemperanza ai suddetti obblighi di pubblicazione, l’Autorità potrà applicare le sanzioni pecuniarie entro il perimetro edittale poc’anzi illustrato.

In conclusione, quello del Governo rappresenta senza dubbio un intervento apprezzabile (oltre che necessario) laddove esso si pone l’obiettivo di soddisfare esigenze di trasparenza e di correttezza delle informazioni nel tentativo di colmare un vuoto normativo che, va precisato, troppo a lungo ha lasciato spazio a dubbi e libere interpretazioni. A tal fine, tuttavia, proprio per poter colmare le lacune in parola e prevenire possibili incertezze, il legislatore dovrà quantomeno fornire una definizione di “beneficenza”, senza darla per acquisita, onde impedirne un suo “affievolimento” mediante il ricorso ad eventuali sfumature semantiche.

A ciò si aggiunga anche l’altra evidente criticità contenuta nella bozza di ddl approvata, che circoscrive il perimetro applicativo degli obblighi informativi in parola ai “contratti di vendita” stipulati con i “consumatori”, lasciando apparentemente prive di tutela tutte quelle relazioni commerciali di natura diversa dalla vendita, intrattenute con soggetti privi della qualifica di “consumatore”. Anche su quest’ultimo profilo si auspica, pertanto, un intervento chiarificatore del legislatore prima dell’approvazione definitiva del Parlamento.

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