«La previsione di diminuzione dell’inflazione in Italia per il 2024 sotto un profilo macroeconomico è un dato positivo. Il tema è capire quali sono i fattori che determineranno tale discesa». Ad affermarlo è Antonio Pinto, avvocato e presidente di Confconsumatori Puglia.
Avvocato, quanto è attendibile la previsione? Il peggio per i consumatori è alle spalle?
«La fonte è decisamente accreditata perché è il Fondo Monetario Internazionale, che è un soggetto terzo. Adesso è fondamentale individuare quali saranno i meccanismi a che i prossimi mesi ci porteranno a “solo” il 2,6 per cento di inflazione».
Può spiegare meglio?
«L’inflazione può diminuire per molti motivi, uno di questi, nella peggiore delle ipotesi, è la recessione, causata a sua volta dal crollo della domanda».
È questo il caso?
«Non esattamente. L’inizio del calo dei prezzi in Italia è stato generato da due fattori: il primo è la diminuzione del costo dell’energia che, dopo l’impennata causata dal conflitto russo-ucraino, aveva fatto lievitare i prezzi oltre ogni aspettativa. Il secondo è la contrazione della domanda. I redditi più bassi hanno naturalmente dovuto scegliere cosa comprare e il carrello della spesa si è svuotato, anche a causa del mancato adeguamento degli stipendi. Un fenomeno di cui si è ampiamente parlato».
Cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi?
«Se l’inflazione dovesse calare a causa della diminuzione della domanda le aziende smetterebbero di produrre, per le minori richieste di prodotto, quindi di conseguenza avremmo l’aumento della disoccupazione, meno moneta nel circuito economico e il crollo dei consumi».
Quindi in Italia siamo a rischio recessione?
«Il calo dell’inflazione è stato generato solo in parte da fattori positivi quali la diminuzione del prezzo dell’energia. Detto questo è giusto sottolineare altri due dati: attualmente beneficiamo di un tasso molto basso di disoccupazione, erano anni che non si verificava un fenomeno simile per giunta sono diminuiti anche gli inattivi e, come recentemente annunciato, le pensioni più basse verranno rivalutate del 5,4 per cento. Tutto questo fa pensare che i consumi potrebbero tenere quel tanto che basta per non innescare cicli economici deleteri. Non mi sembra opportuno vedere la situazione con negatività. Il nostro sistema economico ha avuto una buona tenuta, lo scenario è complicato, le variabili geopolitiche anche. Il problema è che queste situazioni prescindono dalle sacche di povertà che già sono gravi. Il trend in questi casi è difficile da invertire».
Chi ha sofferto maggiormente l’aumento dei prezzi?
«Sicuramente la fascia sotto i 24mila euro annui, soprattutto se non hanno potuto usufruire di un adeguamento salariale commisurato. A questo bisogna aggiungere anche che sono diminuite le quote dedicate al risparmio e agli investimenti».
Ci sono aree del territorio che hanno sofferto maggiormente?
«L’inflazione ha colpito in maniera generale tutti. È stata sicuramente una questione di fascia reddituale. Tuttavia, il disegno di legge che propone di introdurre le gabbie salariali indica una differenza connaturata di costo della vita tra Nord e Sud del Paese. Queste sono comunque situazioni già esistenti, l’aumento dei costi c’è stato ovunque. In pratica era differente il punto di partenza».
Come bisognerà agire nei prossimi mesi?
«In questo momento è importante non essere catastrofici. È necessario incoraggiare i consumi e contribuire al clima di fiducia. Gli elementi di criticità ci sono, bisogna raccontarli affidandosi alle giuste fonti. La confusione dell’informazione non aiuta. In questo senso i comunicatori hanno un ruolo fondamentale».