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Guasto informatico, Troccola: «Pluralità e resilienza per salvaguardare il mercato digitale»

Di chi è la colpa del “fault” informatico del 19 luglio? Probabilmente, come spesso accade, le responsabilità sono da ricercare altrove, in tempi e luoghi diversi, che non si riferiscono allo specifico episodio ma che sicuramente hanno un peso notevole in quanto accaduto. Le origini Quando ho iniziato ad occuparmi di informatica, avevo circa 16…

Di chi è la colpa del “fault” informatico del 19 luglio? Probabilmente, come spesso accade, le responsabilità sono da ricercare altrove, in tempi e luoghi diversi, che non si riferiscono allo specifico episodio ma che sicuramente hanno un peso notevole in quanto accaduto.

Le origini

Quando ho iniziato ad occuparmi di informatica, avevo circa 16 anni. In quegli anni, il 1984 circa, il mercato si divideva fra sostenitori del Commodore 64, destinato all’uso domestico, e quelli del Sinclair Spectrum, realizzato per lo stesso segmento di mercato. Oltre a questi due sistemi, c’era una possibilità di scelta molto amplia di calcolatori. In ambito aziendale iniziava a diffondersi la tecnologia Microsoft-Intel, quella che attualmente detiene il monopolio del mercato, grazie ai costosi PC IBM; in ambito di Desk Top Publishing (Tipografico) si stava per affacciare la Apple con il suo Macintosh; nel 1985 si iniziò la produzione del computer che non è esagerato definire il più avanzato fino ad allora: l’Amiga 1000. Era un mercato molto vivo in cui, per la concorrenza fra le varie aziende, c’era lo stimolo a progettare e produrre apparecchiature sempre più avanzate e accattivanti. In una situazione di fermento e di pluralità come quella descritta un episodio come quello del 19 luglio sarebbe rimasto confinato solo a una parte del mercato. Purtroppo, però, oggi non ci troviamo più in quella situazione e un problema che potrebbe restare confinato a una nicchia coinvolge il pianeta. Quella che si presenta attualmente è, invece, una situazione di monopolio in cui le aziende che detengono il mercato si possono contare sulle dita di una mano.

Questo ci pone a rischio perché non abbiamo più una “bio-diversità” informatica. Uno strumento che sicuramente può aiutare nell’immediato è il software di tipo Open Source, spesso gratuito e senza vincoli di copia. Ci sono numerosissime versioni di sistemi operativi Linux-based che, oltre ad avere prestazioni superiori ai sistemi Windows, possono offrire scalabilità, sicurezza e adattabilità a piattaforme hardware diverse, oltre che l’indipendenza da un unico produttore che tanto ci servirebbe. Le possibilità alternative oggi ci sono. Che cosa manca allora per tornare alla pluralità e alla resilienza? Probabilmente la voglia di cambiare, di provare, di sperimentare, di innovare che si è via via spenta o che qualcuno ha fatto in modo che si spegnesse nel corso di questi ultimi 40 anni.

Antonello Troccola è professore e ingegnere

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