Separazione delle carriere: chi vuole la riforma dice di voler garantire la terzietà del giudice. Per i magistrati, invece, il governo vorrebbe mettere sotto controllo le inchieste. Il dottor Ciro Santoriello, procuratore aggiunto a Cuneo analizza la situazione.
Cosa pensa della riforma della magistratura proposta dall’esecutivo e della separazione delle carriere?
«Intanto, occorre fare una precisazione. Quella che viene indicata come “separazione delle carriere” è in realtà una riforma più ampia, che investe più profili. Accanto alla separazione, vi sono infatti previsioni normative che intervengono sulle competenze del Csm ovvero sulle modalità di selezione dei componenti di quest’organo. A mio parere, proprio le modifiche che vengono introdotte in relazione a questi ultimi aspetti sono inaccettabili».
A cosa si riferisce?
«La prima criticità attiene alla scelta di far ricorso al sorteggio per individuare i soggetti che faranno parte del Consiglio Superiore della Magistratura. Anzi dei Csm, perché se ne prevede una duplicazione, uno per i pubblici ministeri, l’altro per i giudici. Il sorteggio, infatti, applicato agli organi costituzionali o di rilievo costituzionale, introduce ai più alti livelli dell’ordinamento la forza dirompente della “casualità”. Certo, il Csm, nel suo complesso, non è un organo “rappresentativo”, ma non credo che questa osservazione basti a giustificare la pretesa razionalità della scelta. Di certo, ragionando dei magistrati togati, il sorteggio potrebbe (forse) stroncare il correntismo, ma a quale prezzo? Si può accettare il rischio di avere un organo di rilievo costituzionale con componenti non all’altezza? Distratti dalle (spesso giuste, lo ammetto) polemiche sul correntismo in magistratura, si dimentica che esiste una seria questione relativa alla capacità dei componenti di svolgere con disciplina e onore le funzioni al Csm».
Il tema delle correnti nella magistratura occupa spesso le cronache
«Certo, ma pensare al sorteggio come metodo di selezione mi sembra sia svilente per la stessa nostra nazione. E poi se nel Csm dominano le correnti e le loro degenerazioni e quindi occorre procedere con il sorteggio dei componenti per rimediare a questa situazione, perché non ricorrere a questo salvifico metodo per la scelta degli enti pubblici, della società in house, dei componenti dei consigli di amministrazione delle miriadi di società cui partecipano lo Stato e degli enti territoriali? Oppure, si vuol sostenere che in tali nomine la politica sia guidata da criteri di merito e non da ragioni di appartenenza politica o ancora meno commendevoli?».
In effetti il ricorso al sorteggio lascia perplessi anche molti fautori della riforma, i quali però, di contro, sostengono con forza la necessità di procedere con la separazione delle carriere. Lei in proposito cosa ne pensa?
«Il tema della separazione, in effetti, è decisamente più complesso e non merita l’atteggiamento di assoluta chiusura che va invece riservato al sorteggio. Intanto, mi permetto di sottolineare che, oggi, l’appartenenza di giudici e pubblici ministeri ad un unico ordine si esaurisce esclusivamente nella sottoposizione ad un unico regime normativo, inteso essenzialmente a garantirne l’indipendenza ed autonomia, specie dal potere esecutivo. Per il resto, sotto il profilo, per così dire, del “mestiere”, la separazione dei ruoli è tendenzialmente assoluta, non essendosi certo in presenza di porte girevoli fra i due ruoli: si può infatti passare da una funzione all’altra una sola volta nella carriera e per farlo il soggetto interessato deve cambiare non solo sede – ovvero, l’ufficio giudiziario – ma deve anche trasferirsi in un’altra regione. Di fatto, negli ultimi cinque anni risulta che solo lo 0,83% dei Pm abbia deciso di diventare giudice, e solo lo 0,21% dei giudici abbia fatto il percorso inverso. A prescindere da ciò, anche la tesi secondo cui la separazione è necessaria perché attualmente il giudice non è terzo ed imparziale rispetto al pubblico ministero, non pare supportata da dati. Basti pensare all’alta percentuale di assoluzioni per comprendere come i giudici non si “appiattiscono” affatto sulle posizioni dei Pm, anzi. La cultura processuale, la terzietà del giudice, l’etica del lavoro non sono risultati che si raggiungono con riforme abborracciate, fatte da un Parlamento che non riesce nemmeno ad eleggere 4 giudici costituzionali. A proposito, una proposta: facciamo il sorteggio anche qui?»