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Export, perché le aziende hanno successo negli Usa

Il mercato americano è notoriamente affascinato dai prodotti made in Italy, in quanto tutto ciò che è italiano, nell’immaginario collettivo, è associato alla garanzia di qualità del prodotto. A ciò si aggiunga che gli Stati Uniti rappresentano quasi il 30% del settore consumer nel mondo oltre che il primo mercato in relazione alle famiglie con…

Il mercato americano è notoriamente affascinato dai prodotti made in Italy, in quanto tutto ciò che è italiano, nell’immaginario collettivo, è associato alla garanzia di qualità del prodotto. A ciò si aggiunga che gli Stati Uniti rappresentano quasi il 30% del settore consumer nel mondo oltre che il primo mercato in relazione alle famiglie con reddito annuo disponibile pari a 300.000 dollari, il che vuol dire che gli Usa sono la destinazione leader per beni di lusso e di fascia medio-alta.

Esportare negli Stati Uniti è quindi un business che si presenta molto interessante, senonché va chiarito che si tratta di un mercato complesso: gli Usa sono infatti composti da ben 50 stati ognuno dei quali con le sue normative e una propria cultura. Si consideri, ad esempio, che i livelli di tassazione sono ben tre: federale, statale e locale.

Passando specificamente alla Puglia, il successo delle sue produzioni di eccellenza nel mondo si basa essenzialmente su agroalimentare (in particolare olio e pane) e moda. Nel 2022, secondo dati Istat, le esportazioni di prodotti pugliesi ammontano a un valore di 10 miliardi di euro, +15% rispetto al 2021. A trainare l’export pugliese è il settore agroalimentare, dimostratosi resiliente anche alla crisi economica provocata dal Covid-19. Nel 2022 le esportazioni di cibo e bevande prodotti in Puglia segnano un +25,6% rispetto all’anno precedente. D’altro canto, lo scenario bellico e l’aumento dei prezzi dei carburanti hanno aggravato i costi della logistica, con la Puglia che sconta il gap delle infrastrutture non ancora adeguate per il trasporto merci.

Secondo uno studio condotto da Sace su scala nazionale, infatti, il nostro elevatissimo potenziale all’export ed al collocamento competitivo sui mercati esteri è frenato dalle croniche carenze infrastrutturali oltre che dallo scarso utilizzo del trasporto marittimo. Orbene, chi volesse esportare i propri prodotti agroalimentari in Usa, oltre ad approfondirne il contesto culturale, deve sapere che gli Enti preposti sono: le Dogane (Customs), la Food and Drug Administration (Fda), la Federal Trade Commission (Ftc) e la Consumer Products Safety Commission (Cpsc). Dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, la sicurezza nazionale è molto attenzionata anche dalle autorità preposte al commercio estero e dalla legislazione di riferimento, per cui è fondamentale avvalersi di un cd. “Customs broker” (agente doganale) competente nello specifico settore. Decisiva per i dazi è poi la cd. classificazione della merce. Per calcolare, esiste una tabella sull’Harmonized Tariff Schedule, in cui ad ogni tipologia di bene corrisponde una certa percentuale per la quantificazione del dazio.

Se la propria merce non rientra in nessuna tabella dell’Harmonized Tariff Schedule è possibile contattare l’Us Customs Service per fornire documenti e indicazioni che aiutino l’ente a classificarlo. Ove venga rilevata una classificazione non corretta, si può arrivare anche ad un’azione risarcitoria contro l’importatore, per cui è opportuno richiedere un parere preventivo. Inoltre, in base al Customs Modernization Act, l’importatore ha l’onere di provare che si è comportato in modo diligente. Una volta classificato, il prodotto va “valorizzato” nel senso che gli va attribuito un valore che non è quello riportato sulla fattura commerciale: quest’ultimo è infatti solo uno dei cinque metodi adottati dalle Dogane statunitensi per stabilire il valore di un bene e di conseguenza la quantificazione dei dazi. Negli Usa vige inoltre una cogente normativa in ordine alla etichettatura dei prodotti: le Dogane possono arrivare a rifiutare l’importazione o addirittura sequestrare e far distruggere la merce. In particolare, l’etichettatura è regolamentata dalla Fda in modo completamente diverso da come è disciplinata in Ue – sia per il posizionamento delle informazioni che per la relativa importanza – a causa delle diverse esigenze del consumatore americano.

I requisiti generali obbligatori (dichiarazione di identità/nome e quantità netta) vanno riportati sul Pdp (Principal Display Panel) mentre nell’Information Panel vanno indicati nome e indirizzo del produttore, confezionatore e distributore, l’elenco degli ingredienti e i cd. “Nutrition facts” ossia le informazioni nutrizionali. Può sembrare curioso ma negli Usa l’indicazione della scadenza del prodotto non è obbligatoria: solo la Usda (competente per carni, pollami e uova) ne fa un minimo cenno. Inoltre, gli ingredienti (compresa l’acqua) vanno indicati secondo un ordine di peso decrescente mentre quelli presenti in “tracce” non vanno menzionati. Questi brevi cenni servono a capire che non ci si può avventurare nel vastissimo ed appetibile mercato Usa senza conoscerlo profondamente, avvalendosi – ove necessario – di esperti fiscalisti, doganalisti ed advisor legali specializzati nella contrattualistica internazionale. Molto importante, dal punto di vista strategico, è poi il supporto che possono fornire gli Enti pubblici territoriali: proprio lo scorso 14.09,2023 è stato siglato un protocollo di intesa per supportare l’export delle piccole e medie imprese pugliesi, promuovendo le eccellenze del made in Italy attraverso la creazione di buone prassi e progetti specifici. In particolare, l’intesa, siglata da Regione Puglia, Nuova Fiera del Levante di Bari, Forum italiano dell’export e Camera di commercio di Bari ha il fine di facilitare lo sviluppo e la promozione delle aziende del territorio regionale sui mercati internazionali, attraverso l’organizzazione di eventi e iniziative che favoriscano la crescita del volume di export nei settori di punta dell’economia pugliese, promuovendo anche la partecipazione agli eventi fieristici internazionali e l’accesso a nuovi mercati in espansione facendo ricorso anche agli strumenti di digitalizzazione.

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