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Ex Ilva, target ambientali non rispettati: un futuro solo con la transizione ecologica

Dal giorno del sequestro preventivo degli impianti, 26 luglio 2012, sembra essere tornati alla casella di partenza con l’aggravante che gli impianti dello stabilimento siderurgico di Taranto hanno subito un deterioramento a causa della gestione fallimentare di Arcelor Mittal e del mancato rispetto del piano industriale che avrebbe dovuto garantire la fermata di due altiforni,…

Dal giorno del sequestro preventivo degli impianti, 26 luglio 2012, sembra essere tornati alla casella di partenza con l’aggravante che gli impianti dello stabilimento siderurgico di Taranto hanno subito un deterioramento a causa della gestione fallimentare di Arcelor Mittal e del mancato rispetto del piano industriale che avrebbe dovuto garantire la fermata di due altiforni, ormai a fine campagna, e la ripartenza di Afo/5 con le migliori tecnologie disponibili.

In questi anni abbiamo assistito ad un lento declino della produzione di acciaio e all’assenza di investimenti che avrebbero dovuto garantire interventi dal punto di vista delle innovazioni tecnologiche e ambientali e delle manutenzioni straordinarie e ordinarie.

Come Fiom, unitamente a Fim e Uilm, abbiamo messo in campo iniziative di mobilitazioni con i lavoratori con l’obiettivo di far emergere quanto stesse accadendo all’interno dello stabilimento siderurgico e chiedere al governo un intervento celere al fine di estromettere Arcelor Mittal dalla gestione della fabbrica.

Una gestione della fabbrica che, nonostante gli interventi previsti dall’autorizzazione integrata ambientale ed una produzione ai minimi storici, non ha neanche garantito dei target di efficienza ambientali come nel caso delle emissioni di benzene. Come Fiom Cgil abbiamo denunciato in più occasioni, anche in tavoli ministeriali, che l’assenza di manutenzioni sugli impianti e l’assenza di ricambi ha di fatto procurato un aumento delle emissioni inquinanti.

In questi anni siamo rimasti inascoltati da tutti i governi e, nonostante le denunce e i gridi di allarme, hanno preferito trovare accordi parasociali e/o memorandum con una multinazionale che evidentemente non aveva nessuna intenzioni di investire risorse per il rilancio della produzione.

Adesso siamo arrivati ad un bivio e mercoledì prossimo ci sarà un altro incontro tra il governo e ArcelorMittal in cui si definiranno le modalità per un divorzio consensuale, così come ci è stato riportato durante l’incontro dell’11 gennaio dall’onorevole Mantovano Segretario del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana.

Adesso però è utile capire i tempi e soprattutto non consentire alla multinazionale di continuare a gestire lo stabilimento siderurgico con le attuali modalità, ovvero senza effettuare idonee attività manutentive mettendo seriamente a rischio la salute e sicurezza dei lavoratori e con livelli emissivi preoccupanti.

Il tempo non è una variabile indipendente e abbiamo riportato ai ministri presenti a palazzo Chigi che è necessario un intervento veloce per poter riprendere una situazione che rischia di diventare irreversibile e senza una prospettiva.

Inoltre, come Fiom Cgil abbiamo posto anche il tema dell’utilizzo dell’ammortizzatore sociale e della richiesta d’istanza della cassa integrazione in deroga, inserita nella legge di bilancio, presentata al Ministero del lavoro da parte di Acciaierie d’Italia che non prevede l’esame congiunto con le organizzazioni sindacali e che inevitabilmente continuerà ad essere utilizzata con l’obiettivo di ridurre il costo del lavoro a discapito in particolar modo delle manutenzioni. I ministri presenti hanno preso atto delle criticità inerenti all’utilizzo della Cigs e anche su questo tema si sono impegnati a convocare un tavolo specifico con le organizzazioni sindacali. Mercoledì prossimo saremo nuovamente a Palazzo Chigi e ci aspettiamo risposte immediate e risolutive per garantire la risalita produttiva e un piano industriale che guardi alla transizione ecologica, a partire dalle risorse che dovranno essere rese disponibili considerando che il governo Meloni ha deciso di de finanziare le risorse previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Infatti, non potrà esserci un futuro in assenza di una transizione ecologica che introduca un nuovo modello produttivo che superi nel tempo l’attuale ciclo integrale. Una cosa deve essere chiara al Governo: i lavoratori, che sono coloro i quali hanno garantito la salvaguardia degli impianti, non dovranno pagare le scelte sbagliate della multinazionale e dei governi.

Francesco Brigati – Segretario generale Fiom Cgil Taranto

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