Di recente il governo francese ha alzato il dito verso l’Italia accusandola di adottare politiche aggressive concorrenziali di dumping fiscale (regimi preferenziali, elitari di riduzione della fiscalità) incidenti sulla mobilità delle persone e dei patrimoni oggi sempre più volatili ed invisibili. Ne discutiamo con l’avvocato Fabio Ciani, tributarista in Milano e presidente del «Centro studi sulla fiscalità d’impresa avvocati della Lombardia».
Quali sono le ragioni della accusa di dumping fiscale?
La censura di dumping fiscale avanzata all’Italia, v. infra, allude non troppo velatamente all’utilizzo del regime derogatorio del res non dom ex art. 24-bis del tuir che introduce una misura regressiva ovvero una flat tax di 200mila euro sui redditi offshore (neppure proporzionale all’imponibile) realizzati da coloro che trasferiscono la residenza fiscale in Italia (esclusione dal coacervo imponibile). Invero, la censura ha un timing viziato. Si vuole dire che, la disciplina dei res non dom all’italiana sulla detassazione, esclusione ex abrupto dei redditi esteri (in flat tax) ha origini lontane. Difatti, venne introdotta dal Governo Renzi nel lontano 2017, quello attuale l’ha resa più restrittiva innalzando il prelievo fiscale dovuto da coloro che ne beneficiano dal 2024. Pertanto, è una boutade ferragostana questo j’accuse al Governo che nulla ha fatto rispetto ad una disposizione ereditata piacevolmente subita (è una misura attrattiva importata da altri Paesi UE per i flussi internazionali di capitale umano e finanziario). Per altro nel «Corporate Tax Haven Index» sulla top mondiale dei Paesi che favoriscono abusi fiscali delle grandi multinazionali, il nostro figura al 29 posto dopo Francia, Olanda, Svizzera e Lussemburgo.
L’unione è armonizzata allineata sulle politiche fiscale sui patrimoni delle persone e delle imprese?
Parlare di armonizzazione fiscale, orizzontale in ambiente UE è fuori luogo. Sui trattamenti fiscali selettivi e differenziati accordati alle multinazionali, è ben nota la storia dei rulings rilasciati dall’Olanda, Lussemburgo e Irlanda, v. Amazon. Starbucks, FCA ed Apple. Paesi che hanno adottato decisioni anticipate in materia fiscale aderendo alle proposte formulate dalle multinazionali sulla riduzione degli imponibili, v. rulings dell’Irlanda che aveva rinunciato a un gettito di imposta incidendo sugli scambi all’interno della UE e sulla concorrenza (alterata) con trattamenti derogatori, selettivi, v. violato art. 107, paragrafo 1 TFUE sull’esistenza dell’aiuto di Stato.
La Commissione europea è stata silente sulla diffusione di pratiche concorrenziali?
Solo proclami, raccomandazioni, timidi richiami della Commissione europea sull’utilizzo dei tax ruling o decisioni fiscale anticipate hanno riguardato di recente: Cipro, Malta, Ungheria, Lussemburgo, Irlanda e Olanda. Paesi che hanno adottato politiche di fiscalità aggressive e regressive per avvantaggiare le grandi imprese favorendo la loro migrazione. Segnalo un intervento isolato della Commissione con la Decisione 2017/1283 relativa all’aiuto di Stato sotto forma di esenzione fiscale concesso dall’Irlanda a favore di Apple.










