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Dispositivi medici, Grazia Guida (Aforp): «Payback incostituzionale. Attendiamo la Consulta»

Il ricorso alla Corte Costituzionale da parte del Tar del Lazio in merito al payback sanitario fa tirare un sospiro di sollievo a migliaia di aziende. Dopo i rinvii di quest’anno, le imprese avrebbero dovuto restituire una parte dei guadagni per compensare le perdite nella sanità regionale, nonostante si tratti di risorse ottenute in seguito…

Il ricorso alla Corte Costituzionale da parte del Tar del Lazio in merito al payback sanitario fa tirare un sospiro di sollievo a migliaia di aziende. Dopo i rinvii di quest’anno, le imprese avrebbero dovuto restituire una parte dei guadagni per compensare le perdite nella sanità regionale, nonostante si tratti di risorse ottenute in seguito a gare pubbliche. Un principio introdotto dal governo Draghi che fin da subito aveva sollevato polemiche. Grazia Guida, presidente Aforp, l’associazione fornitori ospedalieri delle regioni Puglia e Basilicata, non canta ancora vittoria.

Presidente, cosa cambia con la sentenza del Tar del Lazio?

«Gli obiettivi raggiunti sono molteplici: innanzitutto la sospensione dei pagamenti del payback fino al pronunciamento della Corte Costituzionale, per le aziende costituite con i ricorse e le cautelari, l’accoglimento delle nostre istanze con cui si annunciavano limiti di costituzionalità ed infine una maggiore serenità per le nostre imprese, i dipendenti e il futuro della sanità pubblica».

Perché la misura varata dal Governo Draghi sarebbe incostituzionale?

«Perché lo stesso Tar Lazio, con la sentenza del 24 novembre ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli articoli 3, 23, 41 e 117 della Costituzione, accogliendo le nostre istanze presentate dagli avvocati. C’è stata un’azione sinergica e grazie al lavoro svolto anche dall’avvocato Nicola Dentamaro, che ha difeso le nostre imprese associate ed ha coordinato tutti i ricorsi, che ha avvalorato quanto in questi mesi sottoponevamo».

Tra i principi sollevati dal Tar c’è quello legato all’articolo 41 che tutela la libertà di iniziativa economica. In che modo sarebbe stata negata?

«L’articolo riconosce e legittima la libertà di iniziativa economica privata.. Nell’applicazione del payback, vi è stata una presunta violazione della libertà d’impresa, in quanto la norma è stata applicata dopo 8 anni dalla sua emanazione e le nostre imprese non potevano sapere preventivamente se fosse stato superato il tetto di spesa. Dopo aver partecipato a regolari gare d’appalto dando seguito a regolari forniture di dispositivi medici al servizio pubblico della sanità, le regioni hanno emesso le cartelle di pagamento chiedendo il Payback alle nostre imprese. È difficile raccontare il tormento che hanno vissuto e continuano a vivere le nostre imprese. Schiacciati da una norma iniqua ed ingiusta pone grandi criticità per le piccole e medie imprese del comparto sanità. Non sarà facile superare questo momento. Ma crediamo fermamente nella Carta Costituzionale e nei valori e principi della democrazia e della libertà d’impresa».

Nella sola Puglia il payback è stato quantificato in 246 milioni di euro. Che impatto avrebbe sulle aziende sanitarie e quali sarebbero conseguenze in termini occupazionali?

«Sicuramente un impatto negativo sul piano finanziario per le stesse casse regionali. Ma il problema è di natura strutturale. Il tetto di spesa dei dispositivi medici al 4,4% lasciano le regioni con le difficoltà oggettive e di operatività. Ci sono responsabilità dei governi che si sono succeduti nelle diverse legislature. Il tetto di spesa era ed è troppo basso rispetto ad altre nazioni europee, tenuto anche della longevità della popolazione e della ricerca che ha fatto passi da gigante nella cura delle malattie e che la nostra sanità è universale e solidale. Come più volte abbiamo detto in questi lunghi mesi, il payback non solo mette in difficoltà finanziaria le imprese ed alcune potrebbero chiudere, ma si sono fermati gli investimenti, i piani occupazionali, la ricerca e la possibilità di offrire tecnologia sempre più innovativa. Ci auguriamo che prima possibile si possa riprendere la nostra quotidiana azione da imprenditori. C’è un altro aspetto che ci inquieta: alcune regioni stanno inviando le prime cartelle di pagamento per il quadriennio 2019-2022. Ecco perché chiediamo un intervento del Parlamento e del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni affinché, con strumenti legislativi si metta definitivamente la parola fine al payback, che sta danneggiando non solo le Piccole e Medie Imprese della sanità, ma l’intero comparto della sanità pubblica».

Poteva fare di più l’attuale governo per risolvere il problema evitando il ricorso alla Consulta?

«In tutte le vicende umane e governative si può fare sempre di più. Ma il governo Meloni è intervenuto sei volte dall’inizio dell’anno con decreti ed ha trovato circa un miliardo di euro per dimezzare il valore del payback, pur riconoscendo che sul tavolo del governo, le criticità post Covid hanno messo sotto stress il sistema Paese. Riconosciamo che è stato fatto un grande lavoro, non sufficiente però a superare il problema. Dobbiamo riconoscere che molti parlamentari si sono battuti perché si superasse la legge sul payback. Ma evidentemente la razionalizzazione delle risorse non ha permesso che si risolvesse questa criticità. Mi auguro che tutto l’arco parlamentare e il governo Meloni, al di là del colore politico, intervengano su tutta la materia del payback e propongano una soluzione che dia serenità all’intero comparto e si vada al superamento della norma, che ha già generato grande confusione e conflitti istituzionali».

Il Consiglio regionale del Veneto a settembre ha approvato una mozione per eliminare il Payback. Vi aspettate che le altre regioni facciano altrettanto?

«La mozione non elimina il payback. Ci teniamo a precisare che anche la nostra regione ci ha dato audizione. Il Presidente della terza commissione ci ha ascoltati a livello istituzionale e abbiamo partecipato in audizione ad una riunione della stessa commissione Sanità. Sin dal lontano novembre 2022 abbiamo posto l’attenzione al Consiglio regionale sulla criticità del payback. Anche da parte del nostro presidente Emiliano siamo stati ricevuti e abbiamo sottoposto il disagio e le difficoltà che stavano vivendo le imprese, in un clima di grande incertezza, dove i posti di lavoro venivano compromessi. Come le regioni potrebbero sospendere i pagamenti? Come argomenterebbero le sospensioni? Ricordo che la materia del payback è di competenza dello Stato e non delle regioni. Ci aspettiamo che invece il Governo, come detto, intervenga prima possibile per ripianare una situazione complessa che oggi viviamo con incertezza. La domanda e la riflessione che ci dobbiamo porre è la seguente: oggi il payback coinvolge il nostro settore ma la sua applicabilità potrebbe divenire un precedente per tutti i comparti e non solo della sanità. Intanto in data 30 novembre è scaduta la proroga tecnica concessa dal governo. Chiediamo allo stesso governo una sospensiva di salvaguardia, in attesa che si pronunci la Corte Costituzionale».

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