Il settore del real estate sta attraversando una fase di profondo cambiamento. Alcuni operatori interpretano questa trasformazione come una criticità, ma, come spesso accade nei momenti di discontinuità, è proprio in queste fasi che si possono (e si devono) cogliere nuove opportunità, adottando una lettura più lucida e non convenzionale degli eventi percepiti come minacce allo status quo.
I cambiamenti
Un punto cruciale riguarda il mutato atteggiamento del sistema bancario nei confronti del finanziamento di operazioni aventi come sottostante asset immobiliari, in particolare quelli che richiedono interventi significativi di sviluppo o ristrutturazione. Nel passato anche recente, queste operazioni venivano analizzate e finanziate dalle banche con una “positiva” prudenza, conseguenza anche degli indirizzi governativi centrali, che spesso portava alla buona valutazione del merito creditizio delle stesse. Oggi, invece, tale propensione appare profondamente cambiata, in larga parte a causa di un’interpretazione sempre più restrittiva della normativa bancaria europea, che limita fortemente i margini di manovra degli istituti di credito tradizionali nel mondo immobiliare. L’idea che ci si trovi di fronte a un cambiamento strutturale del sistema trova fondamento anche in alcune considerazioni espresse dal Presidente Mario Draghi nel suo recente Rapporto sul futuro della competitività europea. Draghi osserva che negli Stati Uniti l’85% del finanziamento allo sviluppo proviene da canali di alternative lending, e solo il 15% dal sistema bancario. Nell’Unione Europea, la proporzione è esattamente invertita, un modello che, secondo Draghi, non è più sostenibile e che richiederà un riequilibrio a favore dell’alternative lending.
Le strategie
Sulla base di queste premesse sarà necessario che il mercato finanziario e gli operatori del real estate si attrezzino per affrontare scenari operativi caratterizzati da discontinuità rispetto al passato. Un nuovo approccio che attrae in Italia un numero sempre crescente di operatori istituzionali di direct landing nel settore real estate. Questi operatori non sono null’altro che fondi istituiti da soggetti regolati secondo le normative in materia vigenti nella UE, la cui provvista, a sua volta, è supportata da altri investitori istituzionali che investono sottoscrivendo quote caratterizzate da un basso profilo di rischio rappresentando strumenti di debito. Questa struttura offre un’elevata efficienza operativa, un regime fiscale tendenzialmente allineato a quello bancario e una maggiore flessibilità nella negoziazione dei termini del finanziamento e dei processi decisionali. È vero: i costi del direct lending sono generalmente superiori rispetto a quelli bancari, a parità di profilo di rischio. Tuttavia, i tempi di valutazione e approvazione sono sensibilmente più rapidi, un fattore cruciale per molti operatori. Inoltre, è spesso possibile ottenere linee di credito più consistenti rispetto a quelle oggi concesse dal sistema bancario, ormai orientato verso un approccio molto selettivo e prudente.
Le conclusioni
Di conseguenza, paragonare i costi del direct lending con quelli bancari potrebbe rivelarsi un esercizio sterile perché chi si rivolge oggi a questi strumenti ha presumibilmente già esplorato (senza successo) le opzioni offerte dalle banche. Si apre dunque la possibilità concreta di finanziare operazioni che, alternativaemnte, verrebbero abbandonate per mancanza di capitale. In questo scenario, il direct lending diventa un fattore abilitante e strategico per il rilancio di progetti immobiliari complessi. Il mercato del direct lending è inoltre destinato a rafforzarsi grazie alla diffusione di nuovi strumenti di investimento, come la cartolarizzazione immobiliare (si veda l’articolo dedicato a questo tema). Tutto ciò, a parere di chi scrive, porterà a un ingresso crescente di operatori di direct lending in Italia, un mercato oggi molto attrattivo per i grandi investitori internazionali. Ne conseguirà un aumento della concorrenza, con effetti positivi anche sul fronte dei costi e della qualità dell’offerta per gli operatori del real estate. La concorrenza, quando ben regolata, è spesso il miglior alleato dell’equilibrio dei mercati. E in questo caso, può rappresentare un catalizzatore per lo sviluppo e la modernizzazione dell’intero settore immobiliare.
Roberto Brustia – CBA Studio Legale e Tributario