Quante volte di fronte ad uno scaffale di un supermercato ti sarà capitato di chiederti: “Da dove arriva questo prodotto?”
L’origine di un alimento o della materia prima che lo compone, è un’informazione che risponde sicuramente ad un’esigenza di sicurezza alimentare ma sempre più spesso questa è informazione che soddisfa un bisogno di tipo etico, legato all’esigenza di consumare prodotti che hanno viaggiato e quindi inquinato il meno possibile. Sulle nozioni di «luogo di provenienza» e «Paese d’origine» la norma quadro di riferimento è sicuramente il Reg. UE 1169/2011, norma che ha ben a cuore la tutela del consumatore in materia di etichetta “ingannevole”.
Approfondiamo pertanto i due concetti. Per «Luogo di provenienza» si intende «qualunque luogo indicato come quello da cui proviene l’alimento, ma che non è il Paese d’origine». La definizione voluta dal Legislatore Comunitario appare insoddisfacente in quanto si risolve in un diallelo della proposizione di «Luogo di provenienza» e in una definizione “negativa” di «non è il Paese d’origine». Va ad ogni modo sottolineato come la norma fa riferimento al luogo da cui proviene l’alimento (finito) e non al luogo di provenienza dei suoi “ingredienti”.
Passando invece alla definizione di «Paese d’origine», il Reg. UE 1169/2011 rinuncia a dare una definizione ma rinvia al cosiddetto “codice doganale” (Reg. CEE 2913/1992 oggi sostituito dal Reg. UE 952/2013), che all’art. 60 definisce «Paese d’origine» come quello in cui l’alimento (finito) lungo tutta la sua catena produttiva, è stato realizzato. Nel caso in cui, nella produzione di un prodotto alimentare contribuiscono due o più Paesi, verrà considerato «Paese d’origine» quello in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale.
Pur essendo ascritte tra le indicazioni “obbligatorie” ai sensi dell’articolo 9 del Reg. UE 1169/11, le nozioni di “Paese d’origine” e “Luogo di provenienza”, lo sono solo nei casi previsti nell’ articolo 26 paragrafo 2 e 3: nel caso in cui si possa delineare una trasgressione circa le “pratiche leali di informazione”; per le carni (codici della nomenclatura combinata); nel caso in cui il «Paese d’origine» e il «Luogo di provenienza» di un alimento finito non è lo stesso del suo ingrediente primario (“ingrediente o ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50% di tale alimento…”).
È chiaro che siamo di fronte a un quadro complesso, in cui la normativa comunitaria si intreccia spesso con i provvedimenti nazionali (ricordiamo anche i decreti Origine nazionali dei governi Renzi e Gentiloni.) e con il recente Reg. UE 775/2018 (che introduce la regola sull’origine dell’ingrediente primario qualora diversa da quella del prodotto finito).
Ad ogni buon conto, resta ben inteso che circa le categorie di “origine” e “provenienza”, l’OSA come “responsabile” del prodotto dovrà operare sempre nel pieno rispetto delle buone pratiche di informazione fornendo al consumatore indicazioni corrette, chiare, riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili.
Dott.ssa Marinetta Latorre
Filiera21 – Associazione per l’agroalimentare