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Crediti d’imposta: «L’impiego illegittimo genera l’esigenza di recuperare un importo corrispondente»

I crediti d’imposta determinano l’abbattimento del debito d’imposta e degli obblighi di versamento verificato l’utilizzo degli stessi in compensazione orizzontale attraverso il modello F24. Dunque, il loro impiego illegittimo genera l’esigenza di recuperare un importo corrispondente all’ammontare del credito utilizzato con l’esclusione della compensazione. L’accertamento dell’insussistenza o non spettanza del credito d’imposta opposto dal contribuente…

I crediti d’imposta determinano l’abbattimento del debito d’imposta e degli obblighi di versamento verificato l’utilizzo degli stessi in compensazione orizzontale attraverso il modello F24. Dunque, il loro impiego illegittimo genera l’esigenza di recuperare un importo corrispondente all’ammontare del credito utilizzato con l’esclusione della compensazione. L’accertamento dell’insussistenza o non spettanza del credito d’imposta opposto dal contribuente in compensazione, v. infra sulle nuove definizioni, determina il recupero dell’imposta da quest’ultimo originariamente dovuta.

Le sanzioni

La violazione tributaria sull’utilizzo in compensazione orizzontale dei crediti d’imposta viziati, indebite compensazioni, è duale potendo essa configurare due fattispecie sanzionatorie di cui una minore da utilizzo di crediti d’imposta non spettanti, un’altra più deteriore da utilizzo di crediti d’imposta inesistenti. Il regime sanzionatorio, relativo all’indebita percezione di crediti d’imposta mediante compensazione è declinato diversamente a seconda che si tratti di crediti inesistenti ovvero non spettanti. Sulle loro definizioni dottrina e giurisprudenza, con quest’ultima sempre più orientata ad unificare le prefate fattispecie respingendo la distinzione fra crediti non spettanti e crediti inesistenti con quest’ultimi non elevati a categoria distinta dalla non spettanza. Il legislatore, v. DLgs. 24 settembre 2015, n. 158, ha rimarcato la distinzione de qua, novellando l’art. 13 DLgs. 472/97, sulle risposte sanzionatorie. Una sanzione del 30% per i crediti d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante e 100% nel caso di utilizzo di crediti d’imposta inesistenti con una nuova definizione di credito d’imposta inesistente in cui l’inesistenza del credito non sia riscontrabile attraverso i meri controlli cartolari (termini decadenziali del controllo fiscale ordinari per i primi e raddoppiati per i secondi). Persistendo il contrasto interpretativo in seno alla Corte con due ordinanze nn. 3784 del 2022 e 35536 del 2023 è stata rimessa la questione alla Sezioni Unite, con le quali, v. sentenza n. 34419/2023, hanno composto il conflitto aderendo, v. principio di diritto, al prefato sdoppiamento della fattispecie, respinto in passato a più riprese, con una definizione di inesistenza del credito fondata sulla sua non rilevabilità attraverso il controllo cartolare unitamente alla sua artificiosa rappresentazione (carenza dei presupposti costitutivi).

Le conclusioni

In altri termini, il credito è inesistente se l’inesistenza non è rilevabile mediante i controlli automatizzati basati sui documenti di cui agli artt. 36 bis e 36-ter del DPR 600/73 ed è carente dei presupposti costitutivi, con il portato che, la sussistenza del secondo, ma l’inesistenza sia riscontrabile con il controllo formale, si applicherebbe minori sanzioni e termini decadenziali ordinari, dovendo dunque applicarsi il più deteriore regime sanzionatorio ai crediti indebitamene utilizzati per i quali ricorrono congiuntamente i due requisiti, retro enunciati. Invero, nel principio di diritto obliterato dalla suprema Corte, il prerequisito rilevante ai fini dell’inesistenza del credito ossia l’assenza dei presupposti costitutivi previsti dalla legge, può prestarsi ad interpretazioni, valutazioni qualificatorie divergenti fra AF e contribuente. Il riferimento è, ad es. al credito d’imposta ricerca e sviluppo, v. infra, dove la ricorrenza del requisito della “novità” nell’iniziativa imprenditoriale è liberamente interpretabile, con il rischio di qualificare la violazione nella fattispecie più grave “dell’inesistenza” in luogo della mera “non spettanza”. Sarebbe doveroso ai fini dell’inesistenza del credito, valorizzare la rilevanza dei connotati della fraudolenza, nella creazione fittizia di documenti volti a dimostrare il falso per spese mai sostenute (il credito non è mai sorto). Arriviamo ai giorni nostri con il recente approdo normativo attuativo della delega fiscale sulle nuove definizioni di crediti d’imposta inesistenti e non spettanti riesumate nell’articolo in questa pagina. Da segnalare limitatamente al citato credito RS un emendamento al decreto ominbus presentato in queste ore da Fratelli d’Italia sul riversamento parziale di tale credito (ha suscitato frizioni con l’ADE) nella misura del 50% anche sugli atti sostanziali di recupero. La sanatoria de qua, sarà ex sè estensibile anche ai giudizi avviati su di essi, che per effetto, si estingueranno con un saldo e stralcio al 50% delle pretese.

Fabio Ciani è avvocato tributarista

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