Costa caro abbandonare un figlio, anche 100.000 euro

Negli ultimi anni si sta assistendo al deposito di sentenze con il riconoscimento di risarcimento danni molto importanti in favore di quei figli che, sia pure ormai maggiorenni, propongono azione giudiziaria contro i genitori rei di averli abbandonati.

Sono generalmente le richieste risarcitorie fatte nell’ambito dei procedimenti di dichiarazione giudiziale di paternità naturale.

Caso in cui è possibile il cumulo soggettivo di due domande diverse ma legate allo stesso evento sono appunto l’accertamento della paternità e il risarcimento danni conseguenti all’abbandono del figlio.

Ovviamente il risarcimento dei danni non richiede dimostrazione particolare perché il danno si ritiene in re ipsa.

Però la quantificazione è tanto maggiore quanto il numero di anni per i quali il figlio ha subito l’abbandono stesso e quanto più grave e consapevole è stato il comportamento del genitore abbandonico.

E’ capitato di assistere al risarcimento danni sì elevati per figli anche quarantenni.

Trattasi di un risarcimento del danno esistenziale legato alla deprivazione della figura genitoriale.

Un caso pilota, uno dei primi risarcimenti danno di rilevante importo, si è ottenuto proprio nel nostro Tribunale di Bari sentenza n. 2075/2017 del 18 aprile.

La sentenza, dopo un processo non di rilevante durata, ha riconosciuto un risarcimento di centomila euro alla figlia quarantenne cui il padre aveva negato, pur consapevole della propria paternità dalla sua nascita, il riconoscimento.

L’attrice, cresciuta da sola con la madre, saltuariamente aveva frequentato la figura paterna che tuttavia aveva omesso di trattarla al pari di altri tre figli avuti dal proprio matrimonio.

E “l’obbligo facente capo al genitore deve intendersi soddisfatto soltanto allorchè la prole abbia ricevuto, tenuto conto della posizione sociale ed economica dell’onorato, quegli stessi vantaggi che tale situazione assicurava”.

Nonostante la carenza di sostegno materiale e morale del genitore, la figlia era cresciuta e con grande tenacia era riuscita ad intraprendere la stessa professione del padre, quella forense.

Decideva, quindi, in raggiunta maturità, di patrocinare insieme a collega di sua fiducia la causa contro il padre tanto per il riconoscimento giudiziale tanto per il risarcimento del danno subito per effetto della sua condotta (c.d danno endofamiliare).

Quest’ultimo, costituendosi in giudizio, negava di avere mai avuto una relazione con la madre e qualificava i rapporti negli anni avuti con la figlia ed alcune saltuarie spese per lei sostenute (es. cure odontoitriche, regalie di testi giuridici) come gesti di filantropia compiuti nei confronti di persone (la madre e la figlia) che conosceva da anni.

Pure riteneva che l’azione intrapresa dalla ragazza fosse temeraria e che la medesima avesse proiettato su di lui mere fantasie.
Dichiarazioni rese negli atti processuali ed anche in sede di interrogatorio formale a lui deferito.

Il Giudice Istruttore, per fugare ogni dubbio, disponeva la perizia sul Dna.

L’esito… la piena prova della paternità.

Dopo diversi colpi di scena processuali (richiesta nullità e/o inammissibilità della perizia) e non (il convenuto decedeva dopo la rimessione in decisione della causa ed il deposito delle memorie conclusionali), il Tribunale di Bari dichiarava giudizialmente la paternità, accettando la richiesta di anteporre il cognome paterno a quello della attrice e condannando il convenuto al risarcimento del danno endofamiliare nella misura di euro 100.000,00. Danno liquidato in via equitatativa, “non essendo esigibile che l’avente diritto ne dimostri l’importo preciso (deve farsi riferimento ad un periodo che va dalla nascita della attrice sino alla attualità)”.

Sono passati solo cinque anni da quella sentenza, che aveva pochi precedenti, ma oggi il numero di provvedimenti di tale tenore sta crescendo a vista d’occhio.

Nella gran parte dei casi vengono iniziate non tanto per il risultato economico quanto per un’esigenza morale di vedere condannato il comportamento di quel genitore che ha voltato le spalle ai propri figli.

Non solo nei processi di dichiarazione giudiziale si assiste a tali tipi di condanne risarcitorie ma anche in quelli intentati contro genitori che hanno riconosciuto i figli, li hanno anche mantenuti economicamente, ma hanno loro negato la cosa più importante, il loro amore e sostegno!

Cinzia Petitti è avvocato e direttore della rivista Diritto e famiglia.

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