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Come l’AI cambia il mondo industriale, il professor Ranieri: «Più facile gestire ordini e clienti»

«L'automazione è ormai un dato di fatto per le imprese. La sfida è integrarla al meglio nella supply chain rimanendo sempre al passo con le ultime novità e sviluppi del mercato». Ne è sicuro il professor Luigi Ranieri, Associato di Impianti Industriali Meccanici, Dipartimento di Ingegneria dell’università Lum di Bari. Professore partiamo dall’inizio: cosa si intende con…

«L’automazione è ormai un dato di fatto per le imprese. La sfida è integrarla al meglio nella supply chain rimanendo sempre al passo con le ultime novità e sviluppi del mercato». Ne è sicuro il professor Luigi Ranieri, Associato di Impianti Industriali Meccanici, Dipartimento di Ingegneria dell’università Lum di Bari.

Professore partiamo dall’inizio: cosa si intende con supply chain e come si lega al mondo della logistica aziendale?

«La supply chain è un concetto molto esteso nel mondo delle imprese. Rappresenta l’intera catena di fornitura che è funzionale alla realizzazione di un bene o di un servizio per un’azienda. Non si guarda al singolo fornitore o al singolo stabilimento ma a tutto il sistema che porta poi alla distribuzione di un determinato prodotto finito. La logistica è parte integrante di questa supply chain perché è funzionale al trasporto del suddetto bene. Nell’ambito della gestione della supply chain, il progressivo paradigma dell’industria 4.0 viene esteso al giorno d’oggi a tutti gli aspetti aziendali. La progressiva automazione dei processi produttivi è legata anche all’automazione dei fattori legati alla logistica».

In cosa consiste, dunque, questa visione della logistica 4.0?

«Si tratta di una visione tecnologica della produzione che introduce all’interno dei sistemi produttivi tutte le nuove tecnologie che comprendono l’Intelligenza artificiale, i robot o l’automazione. In questo senso la logistica va intesa non solo come la semplice catena di distribuzione delle merci, ma anche la logistica “interna” legata alla gestione dei magazzini e dei sistemi di trasporto interni alle fabbriche e agli stabilimenti. In questo scenario, che va avanti da almeno dieci anni, si innesta il fenomeno che passa sotto il nome di industria 5.0. Questa sposa appieno i paradigmi delle nuove tecnologie che stanno, di fatto, cambiando il modo in cui una fabbrica e la logistica funzionano ma che guarda anche alla sostenibilità ambientale della produzione di un’azienda».

Questo approccio quali conseguenze ha nel mondo delle imprese?

«Uno dei riflessi maggiori dell’attenzione alla sostenibilità lo si riscontra ad esempio nella gestione dei fondi del Pnrr: dopo il programma industria 4.0 è stato varato il programma industria 5.0 che finanzia proprio interventi rivolti alla sostenibilità e all’economia circolare e al welfare aziendale nell’ambito della sicurezza. Rispetto a una tendenza che era tutta industriale e che nasce in Germania, la commissione europea sta spingendo verso lo sviluppo di tutto il contesto produttivo in questi termmini. Questi elementi sono di assoluta attualità perché negli ultimi anni abbiamo avuto un cambio di scenario a livello mondiale».

In che senso?

«Le supply chain hanno dovuto affrontare molti problemi: ultimo tra tanti lo scoppio delle tensioni nel passaggio del Mar Rosso. O ancora penso alla pandemia di Covid-19, al conflitto in Ucraina. Questi eventi hanno portato alla ribalta il concetto della “gestione del rischio” e anche quello di “resilienza” che tanto va di moda. Creare cioè dei sistemi che siano il più sicuri possibili. L’ultima tendenza che si ha è, da un lato, il “reassuring”: la diversificazione, cioè, dei fornitori scegliendo non solo aziende estere ma anche quelle più vicine alla sede dell’impresa che cerca il servizio. Questo per evitare rischi nel trasporto e anche perché il mercato oggi richiede delle performance sempre più competitive e sfidanti. In questo senso si pone grande attenzione a materie prime sostenibili e riciclate, solo per fare un esempio, o la gestione più attenta dei rifiuti, o ancora una tutela maggiore del benessere aziendale dei propri dipendenti. Non è solo un obbligo ma una tendenza di sviluppo del mercato».

Che spazio ha l’Intelligenza artificiale in questo contesto?

«L’automazione ormai in questo campo è un dato di fatto. È consolidato che le aziende e il loro sviluppo non possono prescindere da determinate tecnologie. La grande disponibilità di dati porta le aziende ad avere una strategia simile alla “personalizzazione di massa”: anche se il prodotto da distribuire non è “sartoriale” o fatto su misura, viene cucito sulle esigenze dei clienti. Questo è possibile perché le nuove tecnologie rendono più facile gestire gli ordini all’interno della supply chain e rendono più rapida la distribuzione del prodotto sul mercato. L’Intelligenza artificiale permette diverse cose: innanzitutto l’uso di robot che interagiscono meglio e in modo più forte con la componente umana di un’azienda, dalla gestione del magazzino a quella del trasporto a distanza dei mezzi, ai droni».

Le aziende come possono gestire questo panorama in evoluzione e su cosa devono puntare per rimanere competitive e al passo con il mercato, tutelando i posti di lavoro?

«Sicuramente la tecnologia va sposata e integrata all’interno delle aziende. Per fare questo è fondamentale il rapporto con i centri di ricerca e con le Università. Non ci si può permettere di non conoscere le innovazioni che si susseguono a ritmo incalzante. In contesti grandi questo avviene già; le piccole aziende invece devono prendere tali collaborazioni quasi come un obbligo, perché solo avviando forme di collaborazione e facendo massa critica possono tenere il passo con lo sviluppo delle nuove tecnologie. L’importante è mantenere sempre la massima attenzione alla gestione del rischio e alla diversificazione di processi e prodotti».

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