Codice doganale, disposizioni complementari ed effetti sul commercio internazionale

Il D. Lgs. 141/2924 riguardante le “Disposizioni nazionali complementari al CDU e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e di altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi”, in vigore dal 4 ottobre 2024, tenendo conto della evoluzione del diritto unionale in materia doganale ha abrogato le norme nazionali desuete, fra le quali il TULD – dDpr 43/1973.

Le modifiche

Il testo normativo, che si compone di 112 articoli, ha rivisitato i seguenti aspetti: Riassetto del quadro normativo; Completamento della telematizzazione delle procedure e degli istituti doganali; Accrescimento della qualità dei controlli (evitando la frammentazione degli stessi); Abrogato l’istituto della controversia doganale e valorizzato il diritto alla difesa anticipata; Inclusione dell’IVA tra i diritti di confine; Revisione del sistema sanzionatorio in ambito doganale ed accise. Premetto che lo spirito della riforma dovrebbe allinearsi alla norma unionale, finalizzata a tutelare l’erario e garantire la fluidità dei traffici corretti e virtuosi.

Evidenzio che il tema sanzionatorio presenta alcune criticità, in primis assimila l’IVA alla fiscalità esterna, contrariamente a quanto sancito dalla Corte di Giustizia e dalle ripetute sentenze di Cassazione – da ultimo, l’Ordinanza 18284/2024. Si registra una fuga in avanti del legislatore perché sul tema si pronuncerà la Corte Costituzionale alla quale spetterà valutare la legittimità costituzionale della norma. Altro elemento discutibile è rappresentato dall’obbligo per ADM di trasmettere la notizia alla Procura europea EPPO – Organismo indipendente europeo incaricato di indagare, perseguire e portare in giudizio i reati che ledono gli interessi finanziari dell’UE- ogni volta che i diritti di confine superino i 10mila euro (soglia facilmente raggiungibile con l’IVA), sottolineando che il reato di contrabbando si configura solo con il dolo. Il legislatore ha motivato la soglia dei 10mila euro adducendo la direttiva PIF (Protezione Interessi Finanziari), ma la Direttiva è un orientamento che vincola lo Stato solo per quanto riguarda gli obiettivi da conseguire e non uno strumento giuridico totalmente vincolante. In caso di contrabbando è disposta la confisca amministrativa delle merci, misura estesa al mezzo di trasporto.

Tale procedura non adeguata ai traffici internazionali, per i tempi di attesa, rischierebbe di collassare i porti e la filiera logistica. Inoltre, le sanzioni in base all’art.42 del CDU devono essere proporzionate, effettive e dissuasive e che la tutela penale deve scattare solo quale extrema ratio del sistema, nella ipotesi in cui i normali strumenti non riescano in modo del tutto soddisfacente a reprimere le violazioni che ledono gli interessi dell’erario e della collettività.

Le criticità

Altro elemento critico è rappresentato dalla “previsione di non punibilità” connessa all’istanza di parte che trae origine dall’istituto della Cooperative compliance – D.Lgs. 221/2023 ovvero in materia di concordato preventivo biennale D.Lgs.13/2024- voluto dalle autorità nazionali e unionali attraverso l’AEO che verrebbe svuotato di vantaggi se non si permettesse agli operatori di regolarizzare i propri errori veniali.

L’analisi

Alla luce delle valutazioni giuridiche ed economiche, la riforma rischia di generare una distorsione di traffici verso altri Paesi unionali, dove le norme sono concepite per favorire l’economia nazionale, con conseguenze anche sugli introiti da parte dello Stato italiano tramite ADM, di cui un terzo è costituito dal dazio +IVA. Se l’Italia perdesse anche il 10% dei traffici, l’erario non incasserebbe circa 2,7 miliardi all’anno. Il nuovo sistema sanzionatorio allontana il nostro Stato dagli indirizzi della Commissione Europea ponendoci in una posizione di scarsa competitività nel mondo della logistica, degli sdoganamenti e del sistema Italia. Si auspica la necessità di introdurre determinati correttivi alla riforma.

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