È trascorso più di un anno dalla approvazione del nuovo codice dei contratti pubblici. A spiegare le ragioni e la finalità della rinnovata disciplina è il Consigliere di Stato Francesco Cocomile.
Come mai è stato necessario modificare il codice?
«La nuova disciplina nasce nella logica di definire un quadro normativo stabile, completo e di immediata intelligibilità coerente con i principi del diritto europeo e finalizzato al rilancio produttivo del Paese, incoraggiando la crescita e l’efficienza delle amministrazioni incaricate di gestire le commesse pubbliche. La stessa si inserisce nel quadro degli obiettivi fissati dal Pnrr. La normativa previgente si caratterizzava infatti da innumerevoli interventi normativi spesso non ben coordinati e ispirati a iniziative contingenti e da una rilevante massa di questioni definite dal Consiglio di Stato, dalla Corte di Giustizia dell’UE, dalla Corte costituzionale. La necessità di un coordinamento della materia era ineludibile alla luce degli impegni assunti in sede sovranazionale».
Quali sono le principali novità?
«Una delle principali novità del codice del 2023 è la fissazione di principi generali dell’azione amministrativa: fiducia, accesso al mercato, buona fede e tutela dell’affidamento, solidarietà e sussidiarietà orizzontale, auto-organizzazione amministrativa, autonomia contrattuale, conservazione dell’equilibrio contrattuale, tassatività delle cause di esclusione e massima partecipazione e applicazione dei Ccn di settore. Viene quindi ampliata sensibilmente la discrezionalità della stazione appaltante. Altre novità del codice del 2023 sono: l’accelerazione delle procedure attraverso la digitalizzazione, la possibilità dell’appalto integrato su decisione discrezionale e motivata della stazione appaltante; vengono stabilizzate le soglie (più alte) previste per l’affidamento diretto e per le procedure negoziate dal decreto-legge 76/2020 di semplificazione; l’affidamento diretto può ora avvenire anche senza consultazione di più operatori economici e senza valutazione di più preventivi per lavori di importo inferiore a 150mila euro, ovvero per servizi e forniture ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione di importo inferiore a 140mila euro pur nel rispetto del principio di rotazione; si reintroduce la figura del general contractor; è consentito il subappalto senza limiti percentuali e il subappalto a cascata, ovvero l’affidamento di lavorazioni di competenza del subappaltatore a una impresa terza, viene semplificato il quadro normativo per la partecipazione degli investitori istituzionali alle gare per l’affidamento di progetti di partenariato pubblico – privato; al fine di superare la “paura della firma” è stato stabilito che “non costituisce colpa grave la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti”».
Semplificazione e responsabilità sembrano essere le linee guida del nuovo assetto, cosa cambia per Amministrazioni e operatori economici?
«Il nuovo sistema è improntato al superamento di quella che viene definita “burocrazia difensiva” ovvero paralisi per “paura della firma”; in tal senso sono orientati il principio del risultato, della fiducia, ma anche il principio della buona fede e di tutela dell’affidamento. La riforma parte dal presupposto della semplificazione del sistema nella logica di un agire degli operatori improntato a correttezza e buona fede. Viene inoltre delimitato il concetto di “colpa grave” ai fini della responsabilità amministrativa dei funzionari pubblici. In questa logica sembra muoversi anche l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio. A tal riguardo è fondamentale l’agire improntato a correttezza degli operatori pubblici e privati nell’ambito delle commesse pubbliche, tenuto altresì conto del fatto che l’abrogato art. 323 puniva anche il comportamento di violazione dell’obbligo di astensione in presenza di un conflitto di interessi».