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Black out del 19 luglio, Polino: «Rimedi, piani di emergenza e prospettive» – L’INTERVISTA

«Il 19 luglio 2024 sarà ricordato come una data nera nella storia della tecnologia globale. Un grave incidente informatico ha causato un blackout digitale su scala mondiale, mettendo fuori uso servizi essenziali. A essere colpito è stato l’1% dei dispositivi che utilizzano il sistema operativo targato Microsoft, percentuale sufficiente a causare caos e disservizi in…

«Il 19 luglio 2024 sarà ricordato come una data nera nella storia della tecnologia globale. Un grave incidente informatico ha causato un blackout digitale su scala mondiale, mettendo fuori uso servizi essenziali. A essere colpito è stato l’1% dei dispositivi che utilizzano il sistema operativo targato Microsoft, percentuale sufficiente a causare caos e disservizi in quasi tutti i Paesi occidentali». A riflettere sulle conseguenze dell’evento è Fabio Polino, Ceo dell’azienda CyberSecurity S.r.l. specializzata in consulenza e fornitura globale, servizi tecnologici e outsourcing.

Il blackout dei computer del 19 luglio 2024: cosa ci riserva il futuro?

«Secondo le prime indagini, il blackout è stato causato da un aggiornamento software malfunzionante rilasciato da una delle principali aziende di tecnologia. L’aggiornamento, contenente un bug non rilevato durante le fasi di test, ha innescato un ciclo infinito di riavvio nei computer affetti, rendendoli inutilizzabili. L’incidente ha colpito in modo particolare i sistemi operativi di ultima generazione, sollevando interrogativi sulla robustezza dei processi di sviluppo e verifica del software».

I rimedi adottati possono considerarsi soddisfacenti per tempestività e adeguatezza?

«Le reazioni all’incidente sono state rapide. Le aziende tecnologiche coinvolte hanno rilasciato comunicati stampa entro poche ore, spiegando la causa del problema e fornendo istruzioni dettagliate per risolverlo. Tuttavia, molti utenti hanno lamentato la complessità delle soluzioni proposte e la difficoltà nel seguire le istruzioni tecniche. Le autorità governative di vari Paesi hanno chiesto una maggiore trasparenza e rapidità nella gestione dell’emergenza, criticando la lentezza nella comunicazione delle informazioni cruciali. Nonostante gli sforzi, è apparso evidente che la gestione non è stata impeccabile, con molti utenti che hanno dovuto aspettare giorni prima di poter riutilizzare i propri computer».

Quali piani di emergenza efficaci possono sviluppare le istituzioni e le aziende per minimizzare l’impatto di questi eventi?

«L’evento del 19 luglio ha evidenziato l’urgenza di sviluppare piani di emergenza più efficaci per far fronte a situazioni simili in futuro. Le istituzioni e le aziende possono adottare diverse misure preventive: migliorare i processi di test del software implementando protocolli di testing più rigorosi. Creare task force di risposta rapida: squadre dedicate esclusivamente alla gestione delle crisi informatiche. Comunicazione trasparente e centralizzata: piattaforme centralizzate per la comunicazione delle emergenze possono fornire informazioni chiare e facilmente accessibili agli utenti, riducendo la confusione e il panico e, infine, la formazione».

Con l’avvento dell’AI, questi episodi sono destinati ad aumentare?

«L’integrazione sempre più pervasiva dell’intelligenza artificiale nei nostri sistemi digitali pone sia opportunità che sfide. Se da un lato l’AI può migliorare la capacità di rilevare e correggere i bug, dall’altro introduce nuovi rischi legati alla complessità e all’autonomia dei sistemi. Gli algoritmi di intelligenza artificiale possono, infatti, commettere errori difficili da prevedere e correggere.

È probabile che episodi simili possano verificarsi più frequentemente man mano che i sistemi diventeranno più complessi. Tuttavia, con una gestione adeguata e un’attenzione particolare alla sicurezza e all’affidabilità, è possibile mitigare significativamente questi rischi. È fondamentale che istituzioni e aziende lavorino insieme per sviluppare soluzioni robuste e resilienti, assicurando che il progresso tecnologico non comprometta la nostra sicurezza e stabilità digitale».

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