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Bce e Banca d’Italia stanno esercitando una moral suasion: il 25% delle famiglie è indebitato

Per comprendere la rilevanza del fenomeno dell’impatto dei rialzi dei tassi di interesse sui mutui, la Fabi a maggio ha ricordato che le famiglie indebitate, in Italia, sono oltre 6,8 milioni, pari a circa il 25% del totale: di queste, 3 milioni e mezzo hanno un mutuo per l’acquisto di una casa. Per quanto riguarda…

Per comprendere la rilevanza del fenomeno dell’impatto dei rialzi dei tassi di interesse sui mutui, la Fabi a maggio ha ricordato che le famiglie indebitate, in Italia, sono oltre 6,8 milioni, pari a circa il 25% del totale: di queste, 3 milioni e mezzo hanno un mutuo per l’acquisto di una casa. Per quanto riguarda i nuovi mutui, le rate di quelli a tasso fisso sono destinate a raddoppiare (ormai si arriva anche al 5%), mentre per quelli a tasso variabile, ancorate all’Euribor, il rimborso mensile dovrebbe salire del 50%. In base ai dati statistici rilasciati da Banca d’Italia e da Abi Monthly Outlook, emerge quanto segue: confrontando il mese di luglio 2022 (ossia da quando sono iniziati a crescere in modo sensibile i tassi) con quello di fine marzo scorso, le famiglie stanno subendo un aggravio di rate e interessi annui per 4,2 miliardi (da 7,1 a 11,3) sui 426 miliardi di mutui erogati per l’acquisto di abitazioni. I tassi dei nuovi mutui, invece, hanno superato il 4%: erano a circa l’1,2% a dicembre 2021. In totale, se sommiamo i mutui con gli altri tipi di finanziamento, l’impatto in corso per le famiglie è un aggravio di interessi di 6,5 miliardi in soli nove mesi. Le conseguenze di quanto sopra descritto sono che l’accesso ai nuovi mutui sarà inibito, o comunque più difficile, per chi ha un reddito medio-basso, ma questo – a sua volta – rischia di generare un rallentamento molto forte del mercato immobiliare e quindi del settore dell’edilizia che è notoriamente un settore traino del nostro Pil. In economia tutto si tiene, non è possibile separare la sorte di chi ha redditi bassi dalla sorte del resto del mercato.

La Bce e la Banca d’Italia stanno esercitando una chiara moral suasion sulle banche affinchè rinegozino i tassi dei mutui variabili, ma ad oggi le banche non stanno rispondendo con sollecitudine. È utile ricordare che se la propria banca rifiuta di rinegoziare o propone una limatura irrisoria, il solo modo per difendersi è quello di usare lo strumento della surroga del mutuo presso altra banca. Il cliente può cambiare sia tipologia (ad es. da variabile a fisso) e sia il tasso. Addirittura per chi ha un mutuo con debito inferiore ad euro 200.000 ed Isee sotto i 35.000 euro, la banca è obbligata a trasformare il variabile in fisso. L’annuncio della presidente della Bce Lagarde sul nuovo aumento dei tassi a luglio rischia di essere una toppa peggiore del buco. All’inizio la Bce sostenne che l’inflazione era “temporanea”, sbagliando la valutazione e arrivando in ritardo, e ora persevera nell’errore. E’ noto che la Germania, dopo la Repubblica di Weimar, guarda all’inflazione con un grande timore e per questo la Bundesbank spinge la Bce a questo continuo inasprimento dei tassi. Purtroppo, come molti economisti ormai hanno chiarito, un ulteriore rialzo dei tassi non è una terapia giusta perché la natura di questa inflazione è peculiare: non deriva da eccesso di domanda che quindi va calmierata, ma è legata essenzialmente agli aumenti dei costi dei fattori produttivi, alla crisi energetica e alla scarsità di materie prime e agricole. Non si può quindi applicare la stessa terapia del passato, tanto più che ulteriori aumenti dei tassi potrebbero avere effetti negativi sull’economia reale, come ha ben chiarito il Fondo Monetario giorni fa a Sintra. Peraltro, l’Istat ha comunicato che, nel mese di giugno, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), registra finalmente una frenata, con un aumento del 6,4% su base annua, rispetto al +7,6% del mese precedente. Se si aggiunge che, sempre l’Istat prevede che nel 2024 l’inflazione (al netto della variabile degli energetici) giungerà al 2,9%, davvero non ci sono ragioni per una ulteriore stretta monetaria da parte della Bce.

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