Avvocatura: il lavoro e il welfare da difendere

L’Europa affronta la fase di più grave divisione dopo la seconda guerra mondiale, mentre gli assetti mondiali faticano a trovare una nuova composizione e indugiano in terrificanti scenari di guerra, ignorando la crisi climatica. Persino il Pnrr, pur rappresentando una grande risorsa e una promessa insperata, con le sue condizionalità costituisce un fattore di possibile divisione. Questa grave fase di crisi si riflette sulle nostre intere vite. Si indugia nella ricerca del colpevole di turno nello sperpero delle risorse, senza ricercare soluzioni innovative. Ma crisi, nella sua accezione etimologica, può essere occasione e strumento di cambiamento, di ribaltamento dell’esistente, di rinascita. Le difficoltà che vive la popolazione necessitano di interventi immediati e strutturali. E la giustizia è uno dei fattori chiave nel disegno dello sviluppo futuro, sia perché la domanda di giustizia sociale cresce esponenzialmente al crescere delle difficoltà, sia perché la giurisdizione può svolgere una funzione di acceleratore, quale guardiano dei diritti e della democrazia e quale possibile motore di innovazione, talvolta anche nonostante discutibili riforme. Alcune delle più recenti, peraltro, pur non avendo suscitato particolare clamore al di fuori degli addetti ai lavori, avranno un impatto importante sulla vita di tutti noi: gli interventi sul codice degli appalti, sulla privatizzazione dei servizi pubblici locali (i trasporti, ma non solo), le norme sulla sicurezza, e non ultime le riforme processuali.
Anche gli operatori della giustizia sono perciò investiti, e tra loro, l’avvocatura. Sia quale oggetto indiretto delle riforme, sia quale possibile soggetto: attuatore consapevole, non può abdicare al ruolo di essenziale ingranaggio della democrazia che le è assegnato nell’ordinamento. Senza necessità di celebrare le parole di Calamandrei, tra i padri fondatori della nostra Costituzione, quotidianamente sotto attacco proprio nel suo essere presidio di uguaglianza sostanziale, un’avvocatura all’altezza dei tempi deve essere consapevole di dover perseguire obiettivi concreti, e tra questi la capacità di porre in essere rivendicazioni nell’interesse di chi si rivolge alla giustizia non in quanto utente, bensì come soggetto di diritto. Senza il presidio di questo ruolo pubblico, non c’è credibilità; senza rivendicazione di diritti per tutti nella società, ci sono solo vertenze corporative – di bottega, si potrebbe dire. Garantire il funzionamento del sistema giurisdizionale nella sua interezza e la cooperazione tra gli operatori tutti significa contribuire al miglioramento delle condizioni di vita per tutti e tutte. Pertanto anche l’avvocatura – la categoria più presente in Parlamento, eppure la più frantumata nella società – può e deve contribuire a salvaguardare i principi democratici, a interpretare i bisogni della cittadinanza, vigilando sull’effettività dei diritti. Troppo spesso si sente dire che gli avvocati (e le avvocate?) sono ricchi. Falso. Esiste nella categoria la stessa forbice che esiste nel Paese, ce lo dicono i dati Censis e le sue ricerche annuali e certamente strumenti come la flat tax favoriscono i redditi più alti. Per tacere della differenza di reddito tra uomini e donne: usualmente queste ultime fatturano in media il 30% in meno. O che sono troppi. Falso. I guardiani servono, se esercitano il proprio ruolo e se si organizzano adeguatamente, supportando le esigenze dei più giovani, colmando (e non aumentando) i gap esistenti tra territori e tra categorie per genere, per età, per anacronistici status, innovando le forme organizzative e abbandonando la logica di inique rendite di posizione. Il lavoro di questi guardiani è anch’esso lavoro e va protetto: occorrono nuove forme di welfare, destinate a tutti i liberi professionisti, perché solo garantendo la loro libertà essi possono essere presidio per tutti. E tuttavia nelle frettolose riforme degli ultimi tempi non ci sembra che ci sia nulla di tutto ciò. Al contrario, un preoccupante arretramento sull’effettività dei diritti, lo svilimento dell’alta formazione, la cantilena dell’”accontentarsi”: disincentivi all’innovazione di cui invece il Paese avrebbe tanto bisogno e di cui le professioni libere, intellettuali, potrebbero essere motore progressivo. Cambiare si può. Cambiare è necessario.


avv. Veralisa Massari

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version