“Avvocato” deriva dal latino advocatus, participio passato di advocare, con significato di “chiamare presso”, “chiamare a propria difesa” e con uso assoluto “assumere un Avvocato”. Anche l’etimologia, quindi, richiama la sollecitudine richiesta dalla tutela, in ogni sede, del diritto alla libertà, alla inviolabilità e alla effettività della difesa che assicura al proprio assistito la regolarità del giudizio e del contraddittorio o, in ossequio al sempre maggior ricorso all’ Adr (Alternative Dispute Resolution), la salvaguardia degli interessi del proprio cliente senza ricorrere ad un giudizio dinnanzi all’autorità giudiziaria.
La professione forense era ambita già nell’antica Roma, infatti il prestigio che derivava dal suo esercizio era fondamentale all’elevazione politica e sociale: tuttora, di personalità del calibro di Quinto Ortensio Ortalo e Marco Tullio Cicerone, si ricordano le capacità oratorie che li distinsero nel loro milieu.
Tuttavia, proprio vista la sua rilevanza, la professione forense ha sempre conservato nel tempo un carattere fortemente elitario in ogni società in cui è andata evolvendosi. In epoca medievale era ad appannaggio della sola classe ecclesiastica, finché poi l’ascesa dei laici incrinò i rapporti di potere.
Il quadro mutò definitivamente, nel 1179, con il Concilio Lateranense III che vietò in maniera esplicita al clero ogni funzione giudiziaria presso i Tribunali laici, sancendo così la fine del connubio tra diritto e mondo ecclesiastico – una sorta di “liberalizzazione a sfondo laico”.
Tale cesura consentì alla giurisprudenza di ricavare un proprio spazio di autonomia e, consentì alla stessa di evolversi nel corso del tempo.
Dovendo, e per necessità e per vocazione, rapportarsi all’attualità della vita associata, infatti, lo sviluppo progressivo dell’Avvocatura continua anche nell’odierno mutato mercato economico, in risposta al quale ha per esempio promosso società tra Avvocati e, come accaduto a Bari, la nascita della prima Società Cooperativa tra Avvocati.
Resta da interrogarsi su quanto e come siano cambiate importanza ed ascendenza della toga, a partire dal numero degli Avvocati iscritti ai rispettivi Albi, che è aumentato di anno in anno sino al 2021; tale crescita costante ha subito una battuta di arresto per la prima volta nel corso del 2022.
Come si evince dal report annuale del Cnf gli Avvocati iscritti ammontano ad un totale di 244.846 (dato aggiornato a Maggio 2022) con un calo del 2,07%% rispetto allo stesso mese del 2021.
Analogo andamento si è riscontrato anche per quanto attiene il Registro Praticanti, che nel mese di Maggio 2022 consta di 57.829 iscritti, con un calo del 1,87% rispetto allo stesso mese del 2021, minore di quello degli Avvocati ma pur sempre allarmante in una prospettiva a lungo termine e di ricambio generazionale.
Da una indagine Censis richiamata all’interno del rapporto sull’Avvocatura 2022 della Cassa Forense, inoltre, emerge la volontà espressa dal 32,8% degli intervistati di voler abbandonare la professione forense; il quadro fornito dal report è reso ancor più critico se si considera che vi è uno spostamento in avanti del ritorno economico della professione, che porta a individuare nella classe 60 – 64 anni il gruppo con il livello di reddito medio più elevato, oltre il quale si inverte la tendenza a crescere, stante il subentrare dell’età pensionabile e quindi l’uscita degli stessi dal mondo del lavoro.
Emerge dunque una situazione che, anche alla luce dei fondi messi a disposizione dal Pnrr, necessita di interventi di miglioramento strutturale volti soprattutto ai giovani futuri Avvocati, affinché possano inserirsi più agevolmente nel mercato del lavoro e recuperare l’orgoglio della propria professione portata ad uno splendore che fu già antico e che occorre riportare al presente.