Aumento dell’assegno per il coniuge cui viene revocata l’assegnazione della casa familiare

sentenza n. 2308 , 6 giugno 2023 Tribunale di Bari, rel dott.  SU. De Simone.

Negli anni passati si era assistito al deposito di alcuni provvedimenti che prevedevano, nei giudizi di separazione o divorzio, l’assegnazione della casa familiare al coniuge più debole pur senza figli. E’ stato un orientamento giurisprudenziale di minoranza che però è durato ben poco.

Sicuramente nell’ambito di trattative tra i coniugi è facoltà l’assegnazione ad uno dei due pur in assenza di prole.

 Questo tipo di patto ovviamente è del tutto valido in quanto frutto di un accordo tra le parti. Ma oggi se il coniuge debole chiede un’assegnazione della casa familiare il Giudice della separazione o del divorzio non può intervenire perché esula dai propri poteri.

Quindi un provvedimento di questo tipo potrebbe essere annoverato come una sorta di “abuso di potere” in quanto si tratta di un diritto, quello di proprietà, che non può essere compresso se non in presenza  di un diritto da tutelare di rango superiore.

Il diritto di proprietà può essere compresso solo in presenza, infatti, di prole minorenne o maggiorenne non autonoma, che conviva con il genitore richiedente l’assegnazione del bene. Un’interessante sentenza del Tribunale di Bari, pur confermando in toto questo principio, ha dato un valore economico alla perdita del beneficio della assegnazione della casa al coniuge che vive con i figli non più meritevoli di un diritto al mantenimento (privi di un lavoro per colpevole inerzia).

Infatti durante la vigenza del  provvedimento di assegnazione della casa (in quanto i figli ne avevano il diritto) era stato stabilito un certo ammontare di assegno di mantenimento per il coniuge a titolo provvisorio  di separazione.

Con la sentenza ha definito il processo di separazione giudiziale, revocato il diritto di assegnazione,  è stato disposto   che, fintanto che la moglie continuerà ad abitare l’immobile, l’assegno di mantenimento  sarà pari ad €500,00.

Disponendo, e qui la novità,  per il futuro un aumento dell’assegno al verificarsi di una condizione.

Nel caso in cui la moglie  lascerà  la casa familiare, nel caso di specie di comune proprietà dei coniugi,  l’assegno diventerà pari ad €700,00.

Le ipotesi che si profilano quindi per l’attuazione di questa condizione quali sono v’è da chiedersi.

Le parti decidono di vendere la casa e quindi il coniuge beneficiario dell’assegno andrà via al rogito e  ricavata la sua metà del valore potrà pretendere la maggiore somma già disposta in sentenza?

Certamente si si verifica la condizione espressa in sentenza!

E se il  coniuge “debole” acquista la metà casa dell’altro: aumenta o meno l’assegno di mantenimento?

Ad avviso dello scrivente  sì, l’aumento c’è perché comunque c’è stato un acquisto della quota dell’altro ed una diminuzione patrimoniale però non si attua proprio la condizione specifica prevista in sentenza del rilascio del bene.

Si apre quindi una questione interpretativa.

Se il coniuge continua a vivere nell’immobile  e gli viene richiesta un’ indennità di occupazione dall’altro, pari in genere a poco meno della metà del valore di locazione del bene, aumenta da 500 a 700 l’assegno di mantenimento?

Qui la risposta non è certo agevole e dubbi interpretativi parimenti sorgono. Il coniuge continua a vivere nel bene e quindi ne trae un vantaggio, senza avere acquistato la quota dell’altro, e quindi pretendere un aumento dell’assegno significherebbe paralizzare il diritto  alla richiesta di  indennità di occupazione per la conseguente possibile applicazione della disposizione sull’aumento.

Certo dipende dal valore della indennità la convenienza a richiederla!

 E’ un provvedimento interessante quello del nostro Tribunale  perché in qualche modo comprende il dramma legato al rilascio delle case familiari da parte dei coniugi, magari non più giovani, ed in qualche modo li aiuta con un aumento di contributo economico in loro favore.

avv. Cinzia Petitti
direttore www.dirittoefamiglia.it

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