Addebito della separazione quando i Tribunali lo riconoscono?

Il Tribunale di Bari ha disposto con sentenza del 18/10/2022, nel procedimento rubricato sub 17905/2018 l’addebito della separazione, confermando la sospensione della responsabilità genitoriale, per il coniuge violento ed affetto da vizio parziale di mente. Così si è pronunziato su di un caso di separazione personale tra i coniugi dal cui matrimonio erano nati tre figli.

Con ciò ponendo fine ad una vicenda iniziata anni addietro e con la presenza di provvedimenti anche del Tribunale per i Minorenni di sospensione della responsabilità genitoriale e prima ancora di ricovero di madre e figli in centri antiviolenza. Il Tribunale ha dichiarato l’addebito della separazione al resistente. Nulla ha disposto in merito alla sospensione della responsabilità genitoriale, ritenendo applicabile il pregresso provvedimento adottato dal Giudice minorile. Confermava l’affidamento esclusivo dei figli minori alla madre con collocamento presso di lei, stabilendo poi un minimo di contribuzione a carico del padre disoccupato di €300,00 per i tre figli nati dalla coppia (€100,00 per ciascun figlio) con una consistente condanna al pagamento delle spese processuali.

Condanna anche legata al rigetto di temerarie domande fatte dal resistente il quale, costituendosi, svolgeva a sua volta domande di addebito per indimostrati tradimenti della moglie e di riconoscimento in suo favore di un assegno di mantenimento in quanto lamentava una evidente sproporzione reddituale con il coniugi, tenuto conto che egli viveva solo della pensione di invalidità mentre la moglie godeva di un buono stipendio.

Per tutto il processo ha, peraltro, negato le proprie responsabilità e continuato a dichiarare estraneità ai fatti e perorando le proprie richieste anche economiche.

Questo è uno dei pochi casi in cui i tribunali riconoscono l’addebito della separazione. Oggi come oggi l’addebito viene considerato un “ramo secco” o “morto” perché difficilmente riconoscibile.

Giacevano in Parlamento proposte di legge che ne volevano l’abolizione.

A meno che non ci siano gravi violazioni dei doveri coniugali come in condotte accertate nella sentenza. In altri casi è ben più difficile provarlo. Anche nel caso di tradimenti, invero, non è automatico l’addebito della separazione perché devono essere collegati alla crisi matrimoniale. Infatti qualora si dimostri che la crisi fosse già in corso la domanda di addebito verrebbe rigettata se motivata con il sol fatto dei tradimenti. Il caso di specie è uno di quelli “di scuola” in cui l’addebito viene riconosciuto. Ed, invero, la sentenza del Tribunale di Bari molto puntualmente ha affermato che “le condotte violente del marito che pure è affetto da vizio parziale di mente sono state alla base della rottura del vincolo coniugale incanalandolo ineludibilmente verso la sua fine”. Ricordando che la rottura della comunione può derivare dalla violazione da parte di uno dei due coniugi dei doveri normalmente discendenti dal matrimonio e cioè “fedeltà, assistenza morale e materiale, coabitazione”. Perché la separazione possa essere addebitata ad uno dei coniugi occorre che la violazione sia “anteriore alla proposizione della domanda di separazione e sia in rapporto causale con la fine del rapporto”. Pronunciava l’addebito nel caso in esame perché dal materiale istruttorio, che era anche rappresentato dai provvedimenti pregressi del tribunale per i minorenni che avevano adottato delle prime statuizioni di aiuto alla famiglia con la sospensione della responsabilità genitoriale, era seguito poi un procedimento penale in cui era stato condannato il marito per maltrattamenti. Procedimento penale che era seguito anche in appello con conferma dei predetti episodi sia pure con una pena ridotta. Quindi sebbene non fossero terminate le tre fasi del processo penale comunque il giudice civile riteneva sufficiente esaminare queste condotte alla luce della richiesta di addebito. A confermare il grave quadro accusatorio venivano a supporto i testimoni che, pur essendo parenti della vittima, padre e sorella rispettivamente, confermavano quello che i processi precedenti avevano acclarato ovvero che c’erano stati diversi episodi di violenza del marito nei confronti della moglie, come per esempio il fatto di averla picchiata in stato di gravidanza o avuto delle reazioni violente nei confronti della moglie alla presenza dei figli. Sebbene in favore del marito giocasse la circostanza che fosse stato acclarato un vizio parziale di mente che tuttora gli impone per il tramite dei servizi sociali delle cure, comunque il Tribunale ha ritenuto essere più gravi i comportamenti messi in atto rispetto alla circostanza che vi fosse tale labilità.

E quindi questa non era tale da giustificare i comportamenti che aveva avuto nei confronti della moglie.

Di talchè confermava i provvedimenti pregressi quali la sospensione della responsabilità genitoriale, collocamento presso la madre, esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale da parte della mamma ed incontri con il padre in ambito protetto per il tramite dei servizi sociali. Lasciando tuttavia aperto uno spiraglio nello stesso provvedimento a tutela del rapporto genitori figli ed assicurandogli un diritto/dovere di frequentazione per il tramite dei servizi sociali ed alla loro presenza.

Il provvedimento infatti si chiude: “E’ chiaro che in futuro ove se ne ravvisino le condizioni e sempre che il resistente abbia dimostrato adeguati comportamenti e pieno recupero delle proprie capacità genitoriali con costante sottoposizione ai programmi terapeutici e ai prescritti percorsi di sostegno, egli potrà sempre domandare la liberalizzazione degli incontri con i figli.”

Ci sono voluti anni e tante sofferenze, tanti colpi di scena, momenti di sconforto da parte della ricorrente che si è vista anche abbandonare in tante occasioni dell’aiuto e del supporto psicologico per i figli dagli enti preposti ma si è arrivati anche alla conclusione di una vicenda abbastanza complessa.

La nota positiva di questa vicenda è che nonostante tutto i figli hanno conservato un grande affetto nei confronti del padre e lo incontrano volentieri sia pure tramite i servizi sociali.

Cinzia Petitti è avvocata e direttrice della rivista www.Diritto§Famiglia.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version