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Moneta elettronica, l’Italia è il fanalino di coda

Qual è una delle tante, troppe, classifiche europee e mondiali in cui l’Italia occupa uno degli ultimi posti? Quella relativa all’uso della cosiddetta “moneta elettronica”. Sapete di cosa si tratta? Bancomat e carte di credito rappresentano gli strumenti più importanti e più indicati per sostituire il denaro contante. Nel nostro Paese se ne fa un…

Qual è una delle tante, troppe, classifiche europee e mondiali in cui l’Italia occupa uno degli ultimi posti? Quella relativa all’uso della cosiddetta “moneta elettronica”. Sapete di cosa si tratta? Bancomat e carte di credito rappresentano gli strumenti più importanti e più indicati per sostituire il denaro contante. Nel nostro Paese se ne fa un uso limitato, decisamente inferiore alle medie continentali e planetarie. Per la precisione, in meno della metà delle transazioni. Con la conseguenza, molto rischiosa, di alimentare una enorme circolazione di banconote e spiccioli. Gli italiani si dimostrano un popolo restìo al cambiamento e all’innovazione, dovendo poi pagare le conseguenze di questa ritrosia. Esiste ancora oggi una forte resistenza verso l’adozione di questi strumenti di pagamento, la cui comodità è acclarata, sia negli acquisti di persona, presso le attività commerciali, sia in quelli online. Addirittura, per questi ultimi, l’elettronica ha soppiantato definitivamente il contante. Ma perché non si adotta un’innovazione? Pigrizia, vecchi metodi, radicate consuetudini, luoghi comuni, finiscono per penalizzarci enormemente ed esporci a rischi di varia natura. Rischi? Certamente. Per tutti. Sia per gli utenti che per gli esercenti. Legati alla circolazione dei “falsi”, alle rapine, allo smarrimento del portafoglio, alla tracciabilità dell’acquisto. Solo per menzionarne alcuni. Proviamo ad immaginare delle potenziali conseguenze, ad aprire una “porta scorrevole” di pensiero. Ad esempio, smarrire il borsellino, quello della spesa. Situazione che può capitare a tutti. In quello dell’utente tradizionale c’è una banconota da 50 euro. Quello dell’utente moderno, invece, ha al suo interno il bancomat, protetto da un codice segreto che solo lui conosce e che va conservato in casa, in un luogo ben nascosto. Semplicemente ricordato, in modo da digitarlo all’occorrenza. Ecco, le conseguenze saranno ben diverse. I 50 euro saranno perduti per sempre, a meno che non ci si imbatta in un benevolo ritrovamento e nell’annessa restituzione. Il bancomat potrà essere bloccato e riemesso, facilmente e senza costi aggiuntivi, per poi riprenderne l’uso già dal giorno successivo. Altri rischi sono quelli vissuti tutti i giorni dagli operatori economici, che incassano gran parte delle loro vendite in contanti. E’ notizia, infatti, di qualche giorno fa di una rapina a danno di un commerciante, finita in tragedia. Alcuni di essi, soprattutto in determinati settori merceologici, devono adottare una serie di cautele, spesso costose, per difendersi. Fino all’errore di farlo da soli, con conseguenze terribili. Vi è poi da dire che le loro considerazioni e scelte sono legate al pagamento delle commissioni sui POS (Point of Sale), le apparecchiature elettroniche che consentono i pagamenti con le carte e che le banche applicano su questa tipologia di operazioni. Con una incidenza significativa sui loro margini di guadagno. Insomma, un sistema caratterizzato da una comune responsabilità. I consumatori dovrebbero, una volta per tutte, innovarsi, modernizzarsi. Nell’ambito di un percorso di educazione finanziaria, rivolgendosi a personale qualificato e competente, volto al graduale ricorso all’elettronica e ad una serie di facilitazioni. Gli operatori bancari e finanziari hanno il compito di favorire le transazioni digitali attraverso delle mitigazioni di costo, che possano agevolare la collettività. In ultimo, ma ben più importante, il ruolo delle istituzioni, chiamate ad una “defiscalizzazione” degli acquisti con carte, esattamente come avviene negli stati più evoluti. E non certamente con l’ipotesi, poco condivisibile, di una tassazione sui contanti. L’economia va fatta accelerare, non rallentare. Lo dicono i tempi. Lo invocano gli esperti del settore.

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