Andria, sei mesi dopo il delitto di Enza Angrisano il Codice rosa è al palo

A che punto è nella Asl Bat il cosiddetto “Codice Rosa”, ovvero sul percorso di accesso al Pronto Soccorso riservato a tutte le vittime di violenza, in particolare donne, ed eventualmente i bambini coinvolti? La vicenda del femminicidio Vincenza Angrisano aveva scosso molte coscienze e aveva creato attenzione sul ritardo accumulato da alcune Aziende sanitarie e ospedaliere nel recepimento e soprattutto nella messa in opera di strutture e personale nei pronto soccorso pugliesi per fornire un intervento adeguato e integrato nel trattamento delle conseguenze fisiche e psicologiche che la violenza maschile produce sulla salute della donna.

La Asl Bt, a cui la donna nel novembre 2023, pochi giorni prima di essere uccisa, si era rivolta in seguito a percosse ricevute dal marito che poi l’aveva accoltellata, si è dotata ufficialmente dal 12 febbraio 2024 del documento multidisciplinare “Percorso assistenziale in emergenza per le donne vittime di violenza”. Nel frattempo, poco meno di 2 settimane fa, si è tenuto un convegno a Bisceglie di presentazione, che ha costituito anche un evento di formazione aperto a tutta la Asl. Durante l’evento è stato presentato il percorso diagnostico terapeutico per la gestione della donne vittime di violenza attivo nella Asl Bt, con interventi di 2 dirigenti del Pronto Soccorso di Barletta e della stessa direttrice Generale della Asl Bt Tiziana Dimatteo.

Ma alcune criticità sono state sollevate dagli operatori stessi: in primis, la formazione specifica per tutte le categorie di personale, che deve ancora svilupparsi e che dovrebbe svolgersi, nelle intenzioni della Asl, fino al prossimo novembre, mentre comunque continuano ad arrivare negli ospedali donne che presentano segni di violenza. Ancora, mancano alcune figure, tra cui i mediatori culturali, indispensabili nel caso di donne straniere che parlano poco o affatto la lingua italiana: in effetti, proprio a Barletta, di recente si è presentata una donna cinese con segni di violenza che non riusciva a parlare con gli operatori. Gli spazi non sempre sono destinati a uso esclusivo di questo tipo di situazioni, laddove esistano.

Manca ancora un protocollo per la presa in carico di minori, quei figli che spesso costituiscono il motivo per cui le donne di violenza non procedono con le denunce e tornano dai loro aguzzini. Infine, non sono a oggi state sottoscritte le convenzioni, fondamentali nella questione della presa in carico per l’eventuale collocamento in comunità o case famiglia, con i Servizi sociali dei comuni della sesta provincia e i Cav per l’attivazione della rete interistituzionale.

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