«Buongiorno direttore, vorrei chiederle la disponibilità per un’intervista». «E che problema c’è, la aspetto giovedì alle 10 a casa mia». E invece, per difficoltà logistiche, la chiacchierata con Vittorio Feltri è avvenuta – a malincuore – per telefono. Tanti i temi trattati nella chiacchierata fiume col “direttorissimo”, spaziando dall’attualità alla politica, senza dimenticare la sua recente pubblicazione, “Il latino lingua immortale”, edito da Mondadori.
Direttore, partiamo dal suo ultimo libro, “Il latino lingua immortale”. Lei si è avvicinato al latino da ragazzo, frequentando una biblioteca diretta da un monsignore.
«Sì, era un monsignore di Bergamo, un professore del seminario».
Perché proprio un libro sul latino?
«Perché tanta gente ormai ignora le proprie radici. Sento persone che usano parole latine, ma le pronunciano in modo orribile, magari pensandole di matrice inglese. Ad esempio, “report”. Nel libro poi faccio mille esempi di come vengono storpiate. È una lingua che sta sparendo dalle scuole, una volta lo studiavi anche alle medie».
Ma in quest’epoca, secondo lei il latino è ancora attraente?
«Per me sì, ma non è detto che tutti debbano pensarla come me. Però, se conosci il latino, conosci anche meglio l’italiano: per esempio nell’uso del congiuntivo, che ormai è quasi scomparso».
Il congiuntivo è praticamente un miraggio oggi.
«Ormai usarlo è diventato uno sport estremo».
Parliamo un po’ di attualità. Di recente Carlo Conti, durante la conferenza stampa di presentazione di Sanremo, ha chiesto alla giuria di favorire le donne in caso di parità di voti con un uomo. Che ne pensa?
«Ormai questo è un conformismo che ha invaso tutta la società. Si comincia con il politicamente corretto, si fa la guerra al maschio bianco, e così si privilegiano le donne per sembrare moderni, al passo coi tempi».
Le sembra un buonismo di facciata?
«Assolutamente. Le mode creano conformismo irrazionale. È come la storia del patriarcato. Ma quale patriarcato? Io non conosco una famiglia in Italia che non sia comandata da una donna».
A proposito di questioni di genere, qualche giorno fa, in televisione, Elisabetta Canalis ha raccontato, ridendo, di aver picchiato più volte Bobo Vieri per dei tradimenti, e di avergli rigato la macchina. Se fosse stato un uomo a dire queste cose, secondo lei la reazione sarebbe stata la stessa?
«Guardi, in quel caso sarebbe successo un casino. Ma ci sono tanti episodi come questo. Basta guardare i giornali. Oggi tutti si stanno adattando a questo modo di pensare e quindi di comunicare».
C’è un modo per invertire la rotta?
«Le mode sono come malattie contagiose, tipo il Covid. Chi le ferma? Non si può».
A proposito di Covid, che ne pensa dell’annullamento delle multe per chi non si è vaccinato da parte del Governo?
«Se devo essere sincero, non me ne frega un cazzo (sorride ndr)».
Si è tornato a parlare del caso Sangiuliano. Il suo avvocato ha querelato Report per violazione della privacy, visto che hanno mandato in onda una conversazione privata. Come la vede?
«Ha ragione, è una violazione della privacy. Ma poi che ha fatto questo povero Sangiuliano? Ha fatto una chiavata, mica ha fatto una strage».
Magari è stato un po’ ingenuo…
«È stato molto ingenuo, ma è una persona seria e colta. Non ha dimestichezza con la figa, con la “pucchiacca”, come si dice in napoletano. Non è pratico del settore, si è fatto fregare da una deficiente come la Boccia».
Lei ha avuto molte compagnie femminili nella sua vita, ha mai rischiato di compromettersi per una donna?
«No, perché sono sempre stato molto cauto. E poi, conoscendo bene le donne, so come comportarmi. Se non hai esperienza, però, ti fregano. Bisogna imparare a coltivare la materia fin da giovani».
A proposito di vizi, so che lei è stato un grande fumatore.
«Ho spento una sigaretta proprio adesso (sorride ndr)».
A Torino, come più recentemente a Milano, sono spuntati i divieti di fumare a meno di una determinata distanza dagli altri. Che pensa di queste misure?
«È una scemenza totale. Uno deve portarsi dietro un metro per sapere se può fumare una sigaretta?».
Ma è un caso che sia sempre una certa politica a promuovere queste leggi?
«Le amministrazioni di sinistra sono le prime a fare queste cavolate. Ma, alla fine, non sono capaci di risolvere i veri problemi. Si concentrano su queste cazzate come le auto elettriche, il cambiamento del clima, e altre rotture di coglioni che non servono a nulla».
Lei cosa pensa del cambiamento climatico?
«Io so che d’inverno fa freddo e d’estate fa caldo. Non ho visto nessun cambiamento climatico».
Qualche settimana fa lei è stato molto criticato per aver detto, usando una figura retorica: «Sparerei in bocca a tutti i musulmani».
Ovviamente una provocazione, ma in questo periodo bisogna fare attenzione a ogni parola, perché c’è sempre qualcuno che si sente offeso. Cosa ne pensa?
«Quello che ho detto era un condizionale, non un’affermazione. Ho detto “sparerei”, non “sparo”. Se la gente non capisce la lingua italiana, sono problemi loro».
C’è esasperazione in questo modo di fare?
«Siamo al fanatismo. La questione femminista, ad esempio, è diventata un’ossessione. E nessuno poi dice che in Italia i femminicidi sono inferiori rispetto a molti altri Paesi europei».
Si è tornato a parlare sui giornali della morte dei migranti in mare. Pensa che ci sia una soluzione per fermare questo fenomeno?
«Sì, la soluzione sarebbe che i barconi non partano affatto. Se non li fai attraccare, non arrivano. Basta con questa storia di soccorrere tutti. Se la prima non attracca, la seconda non attracca, la terza non parte».
Se si parla di Vittorio Feltri al Meridione, lei viene definito come razzista. Perché c’è questa immagine di lei?
«È un altro luogo comune. In Molise ho anche la cittadinanza onoraria. Non sono assolutamente antimeridionale. Se dico che il Sud è più arretrato del Nord, dico una verità, senza offendere nessuno».
Lei è stato per tanti anni direttore di giornale. Pensa che il cartaceo possa resistere all’avvento dell’informazione digitale?
«Ormai è una battaglia persa. I giornali cartacei vendono pochissimo. Anche le edicole stanno chiudendo. Resisteranno i giornali online, forse, ma il cartaceo è morto».
Quando dirigeva “Libero”, il giornale era sempre riconoscibile per i titoli. Qual è il segreto per fare un buon titolo?
«Devi essere chiaro e diretto, senza fronzoli. Un titolo deve catturare l’attenzione. È come fare una vetrina: se metti merda in vetrina, non vendi nulla. Se metti le cose giuste, le vendi. Stessa cosa vale per un giornale».
E lei da ragazzo il vetrinista l’ha fatto…
«Certo, ed è una cosa di cui vado fiero, mi ha insegnato tanto».
Dove si vede tra cinque anni?
«Al cimitero, dove altro? Ho 81 anni, non mi aspetto di vivere altri trent’anni».
Ma lei è ancora giovane…
«Giovane un cazzo (ride ndr)».