Da martedì è in tutte le sale italiane “Comandante”, l’ultimo film di Edoardo De Angelis, girato a Taranto, che vede protagonista Piefrancesco Favino nei panni del capitano di corvetta Salvatore Todaro, che dà oggi il nome a uno dei sommergibili della Marina Militare. Il comandante Todaro del sommergibile “Cappellini” passò alla storia quando, durante la seconda guerra mondiale, dopo aver affondato il sottomarino belga “Kabalo”, che aveva aperto il fuoco sul Cappellini, decise di salvare i ventisei naufraghi belgi, condannati a morte certa alla deriva su una zattera a centinaia di miglia dalla costa. Per far ciò dovette navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la propria vita e quella dei suoi uomini. In quei tre giorni, il sottomarino si trasformò in un luogo di incontro tra sconosciuti, anche molto diversi tra loro, ma più simili di quanto non pensassero.
È questo il film “Comandante”, una storia di pace e non di guerra come potrebbe apparentemente sembrare. Arriva nel cinema italiano per mandare un messaggio più che mai attuale: “restiamo umani”.
De Angelis con maestria ha tratteggiato il personaggio di Todaro, un uomo dal grande coraggio che rompe le regole e salva altri uomini. Ad aleggiare sul comandante un destino ben preciso, quello del mito di Sisifo che ritroviamo nel pensiero di Albert Camus, quell’uomo che vive con grande lucidità anche i momenti di emergenza e che allo stesso tempo è cosciente del proprio esistere, della propria libertà e della propria rivolta.
A fare da sottofondo l’intermezzo di “Cavalleria rusticana” nei momenti in cui Todaro, in guerra, pensa alla moglie e a quella figlia, Marina, che non conoscerà mai. «È un film che contiene un profondo desiderio di pace – ha dichiarato a l’Edicola del Sud, il regista – Infatti sui titoli di coda c’è una canzone degli anni ‘50, un tempo di pace, e poi c’è un elenco sterminato di leccornie che dentro il sommergibile venivano evocate come una preghiera quando il cibo non c’era e quello stesso cibo, in tempo di pace, per fortuna c’è grazie al benessere».
Insieme a lui anche il coprotagonista, Massimiliano Rossi e in un videomessaggio Pierfrancesco Favino ora impegnato in un’altra pellicola a Budapest. «Come tutti i film anche questa esperienza è stata impegnativa, ancor di più perché a contatto con la natura e il mare in particolare. – ha spiegato Massimiliano Rossi – È stato inoltre alchemico immaginare quelli che potevano essere i rapporti e le relazioni degli uomini della flotta all’interno di quest’utero introflesso e ho capito che la storia la scrivono gli storici, ma la fanno gli uomini. Per capire la storia, bisogna quindi andare a vedere le piccole azioni».
Taranto è rimasta nel cuore del cast. «È diventata la mia seconda casa per questo film. Ho potuto vivere questa città e constatare che qui si vive bene» ha dichiarato Rossi. «Taranto mi manchi» inizia così nel suo videomessaggio Favino che ringrazia la città per averlo ospitato con calore e le realtà tarantine che hanno aiutato «concretamente» a girare il film.