“Aiutami a guardare”, Nunziante a Rosa Marina: «Io giornalista per caso» – L’INTERVISTA

Se non avesse fatto il giornalista televisivo sarebbe stato un insegnante di Lettere o di Storia dell’arte. Empatico, entusiasta, spontaneo e con un tocco di romanticismo; il tratto distintivo di Nando Nunziante, volto noto di Tgr Puglia, è il suo essere appassionato, per tutte le forme del sapere, dalla musica alla lettura, dall’arte ai film o allo sport, “perché la conoscenza rende liberi”. Non solo; un’energia e una carica vitale quasi uguale a quella che avvolge i bambini. Barese, classe ‘68 e una spigliatezza che traspare dallo schermo Tv. Venerdì 9, alle 19, il giornalista radiotelevisivo con la passione delle moto, presenterà il suo romanzo sulla spiaggia Rodos del Consorzio di Rosa Marina, uno dei luoghi del cuore dei suoi anni di gioventù.

Tra gli inizi da stagista e poi gli anni di professione, ne sono trascorsi ben 27. Più di cinque lustri vissuti nel mondo del giornalismo affrontando servizi di ogni genere; è ancora legato alla passione dell’insegnamento?

«Un’idea che non mi ha mai abbandonato. Da piccolo amavo scrivere e la maestra delle scuole elementari, all’Istituto Di Cagno Abbrescia, lì dove ho studiato fino al liceo classico, mi invogliava e mi spingeva a continuare su questa strada. Quell’insegnante che all’epoca tanto ha mi ha trasmesso l’ho poi rincontrata di recente, durante una mia presentazione alla Feltrinelli e ci siamo abbracciati sul filo di quella penna che non ha mai smesso di scrivere. Colgo l’occasione per raccontare che due anni fa, ed è accaduto anche altre volte e in altri luoghi, ho organizzato una festa a fini benefici proprio in quell’Istituto dei miei anni verdi. Il ricavato è stato poi devoluto ad associazioni varie ed è stata una grande emozione».

Torniamo alle lettere, le sarebbe piaciuto navigare nel mare suggestivo della parola e dell’immaginazione poi, come mai la laurea in Giurisprudenza?

«È vero, al principio volevo assecondare le mie attitudini e scegliere la Facoltà di Lettere o Psicologia ma mio padre, magistrato, mi consigliò e indicò il cammino che prevedeva più sbocchi lavorativi e io da figlio decisamente vivace ma ubbidiente lo ascoltai. Mi son sempre sentito un ragazzo fortunato, circondato dagli affetti familiari e ho un senso di profonda gratitudine. Successivamente i miei studi per le materie letterali, a Roma, sono stati quelli della passione vera»

Come è sbarcato in Rai?

«Per un caso, io non avevo mai pensato di fare il giornalista; ripeto, volevo insegnare all’Università o a scuola. Una mia amica di Roma mi segnalò un concorso in Rai a Perugia e mi convinse a tentare. Lo superai ed eccomi qui».

Soddisfatto? Una brillante carriera, un bel traguardo, come quello del ruolo di caposervizio al Tgr di Bari.

«Sono contento ma non sono un carrierista, amo invece, visto che sono un “ragazzo mai cresciuto”, coltivare le mie passioni e da persona curiosa, viaggiare e conoscere nuove realtà. Mi piace guardare al mondo con un principio di condivisione».

Da quel lontano stage alla BBC, nel 1999, quando raggiunse la Patagonia per un documentario ai primi servizi con la famosa giornalista Milena Gabanelli, quale vicenda è rimasta impressa nella sua mente?

«Diverse ma la differenza l’hanno fatta le rubriche sul sociale. Conoscere persone meno fortunate, raccontare le loro storie spesso piene di dignità e di voglia di rialzarsi è un qualcosa che non dimentico»

Tornando all’universo dell’immaginazione, deduciamo che abbia realizzato un sogno con il suo primo lavoro di penna “Aiutami a guardare” (Gelsorosso). Un romanzo quasi autobiografico dove la parola ha un potere evocativo.

«Si, sognavo di fare lo scrittore ma mi sembrava sempre troppo arduo. Ora è realtà»

E il significato di “Aiutami a guardare”?

«Abbiamo bisogno degli altri, sempre, riconoscendo la nostra finitezza e in un mondo che scorre velocemente c’è l’esigenza di guardare in profondità».

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