Roberto Vecchioni torna in Puglia: «Stare sul palco è un’emozione. La musica è speranza» – L’INTERVISTA

La polo a maniche corte, jeans e sneakers, immancabile il sigaro che pende dalle labbra: è tornato il professore. Roberto Vecchioni si esibirà in concerto il 4 Agosto a Barletta, nel Fossato del Castello, alle 21.30. Lo spettacolo è organizzato da Aurora Eventi, all’interno della prima edizione dello IOD Festival. Il cantautore sarà accompagnato dalla band storica costituita da Lucio Fabbri (pianoforte e violino), Massimo Germini (chitarra acustica), Antonio Petruzzelli (basso) e Roberto Gualdi (batteria). In attesa di vederlo sul palco in Puglia, ha risposto a qualche domanda.

Roberto Vecchioni di nuovo in tour, ci parli di questo nuovo viaggio.

«”Tra il silenzio e il tuono Tour” è un grande spettacolo di canti, immagini e monologhi. Il silenzio appartiene all’immaginazione, allo spirito, all’anima, il tuono invece appartiene a quello che ho fatto e mi è stato fatto, alla vita che pulsa: l’unico modo per acquietarla è rivolgersi allo spirito. Tutta la prima parte dello spettacolo si gioca sull’ultimo disco e sui personaggi che hanno battuto il destino, hanno combattuto il male, hanno amato la vita, gli altri, sé stessi. Emerge un mio concetto recente, nuovo, di grande amore per tutto ciò che si vive. La seconda parte dello spettacolo, invece, è un ritorno, uno sguardo sul passato con le canzoni di prima, che mostrano come si è arrivati al concetto di infinito attraverso pensieri particolari sull’amore, sul sogno, sull’esistenza, sul dolore, sulla felicità. E come tutte queste piccole cose si siano ricomposte in un’idea: amare la vita comunque sia, bella o brutta, perché in realtà è sempre bella. Siamo noi che a volte la interpretiamo in un altro modo».

Che impressione ha delle nuove generazioni?

«La vita oggi offre poche opportunità ai giovani. C’è parecchia fragilità, una caratteristica da sempre tipica della gioventù. Ci sono stati momenti storici in cui si è cercato di reagire. Adesso è molto più difficile, perché adulti e anziani hanno troppe cose da fare, e pensano poco ai figli e ai ragazzi in generale. E poi non li lasciano sbagliare. Gli adulti spesso si rifiutano di capire le nuove generazioni, non vogliono entrare nei loro slogan, nei loro schemi, nelle loro strutture mentali. Occorre comprendere che la loro letteratura, la loro musica, il loro cinema sono diversi dai nostri. Ma se li amano, avranno delle ragioni».

Che concerto dobbiamo aspettarci?

«Sarà un mix di ricordi, riflessioni e canzoni. Alla mia età e con la produzione che ho alle spalle posso permettermi di scegliere tra tante cose. Tra i brani rari, che non faccio da tempo, ci sono pezzi come “Storia e leggenda del lanciatore”. È un brano molto simbolico e con un messaggio ben preciso: rappresenta la storia dell’umanità, in un passaggio di pensieri e speranze, da padre in figlio. E poi c’è “Due giornate fiorentine”, o “Pesci nelle orecchie”, una canzone lontana nel tempo che però mi sembra molto attuale. E poi “A. R.” che non canto da tanto, dedicata ad Arthur Rimbaud e alla sua poesia. Un brano che esalta la sua capacità di rifiutare una forma convenzionale e stereotipata di arte, il suo essere pronto a cercare “un’altra poesia”, la sua decisione di ribaltare il senso delle parole “fino allo sputo”».

Che sensazioni le provoca stare sul palco?

«Mi piace sempre stare sul palco e mi rivedo nelle situazioni in cui ho scritto le canzoni. Quanto ai brani più famosi, ogni tanto penso: ma devo ancora fare “Samarcanda”? Sarà la millesima volta…»

Che funzione ha la musica oggi?

«È un’arte che deve dare sempre speranza, voglia di lottare e andare avanti. E poi deve anche saper consolare. Se il cielo è plumbeo, dobbiamo rifarci alle nostre emozioni, e difenderci con quelle».

Ci racconti il suo prossimo progetto in studio…

«Non so ancora quando uscirà, devo ancora lavorarci, ma sarà in tre parti: una di inediti, una di canzoni conosciute (ma neanche tanto) di altri autori, una di canzoni sull’antichità».

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