Renzo Arbore ricorda Mariangela Melato a 10 anni dalla morte: «Una mancanza per l’arte e nella vita»

Una donna piena di grazia come sosteneva la poetessa Alda Merini. Un’artista versatile e a tutto tondo che continua a rappresentare «una grandissima mancanza. Mancanza per l’arte e nella vita». Renzo Arbore ricorda così, conversando con l’agenzia di stampa AdnKronos, Mariangela Melato di cui domani ricorrono i dieci anni dalla morte. «Come donna – afferma – posso assicurare che Mariangela era veramente straordinaria e speciale. Come diceva Alda Merini era piena di grazia. In effetti le sue qualità erano proprio la grazia e la nobiltà. Qualità grazie alle quali era amata da tutti, non solo dal pubblico, ma anche dai colleghi e dalle colleghe. Non parlava male di nessuno e non aveva nessuna piccineria tipica del mondo dello spettacolo».

«Metteva – continua Arbore – la grazia nel suo lavoro, nei rapporti interpersonali, nei rapporti sentimentali. Mariangela era di origini semplici, il papà era un “ghisa”, un vigile urbano, e la mamma era una sarta. Ma lei si era fatta da sola una cultura straordinaria. Una cultura con la quale è riuscita a interpretare tutti i personaggi femminili più difficili del teatro italiano tra cui quello di Cassandra. Ha recitato nell’Orestea, è stata Medea, ha interpretato i personaggi di Ronconi fino a Filumena Marturano. Questo è teatro, questo è teatro», sostiene Arbore. Un’artista versatile e a tutto tondo definita, ricorda, «da Giancarlo Giannini, da Michele Placido e anche da altri “la più grande attrice teatrale di tutti i tempi”». 

«La Melato – dice Arbore – ha fatto meno cinema ma il suo è stato un cinema d’arte. Semplice, alcune volte, ma anche complicato come il film “La classe operaia va in Paradiso”, oppure come “Todo Modo”, entrambi di Elio Petri o “Caro Michele” di Monicelli». Quello della Melato è stato pure «un cinema importante come tutti i tre grandi film di Lina Wertmuller “Mimì metallurgico ferito nell’onore”, “Film d’amore e d’anarchia” e soprattutto “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto». 

Mariangela Melato, sostiene Arbore, «cercava l’arte dovunque ci fosse, persino nelle canzoni e nel ballo. Lei ha fatto dei film in cui ballava, uno con Celentano. Era un film sul liscio intitolato “Di che segno sei?”. Ne fece un altro con Pupi Avati che si intitolava “Aiutami a sognare”. E poi ha ballato in televisione con Antonello Falqui: insomma Mariangela ha fatto veramente tante e tante cose oltre a cantare con me e con la mia orchestrina. Ha offerto un’interpretazione di “Sola me ne vo per la città” che poi è diventata uno spettacolo. Aveva delle qualità straordinarie. Era un’artista completa che ha fatto le sue scelte solo in base al valore artistico delle opere che lei ha condiviso. Non aveva ambizioni di denaro o di vanità», conclude Arbore.  

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