Parla Nicola Lagioia: «La Puglia può essere un laboratorio politico» – L’INTERVISTA

Per Nicola Lagioia (tra le altre cose, Premio Strega 2015 ed ex direttore del Salone internazionale del Libro di Torino) il Sud è un luogo bellissimo ma al tempo stesso totalmente abbandonato dalle politiche governative. Domani lo scrittore sarà ad Andria per l’ottava edizione del Festival della Disperazione.

Sei nato e cresciuto a Bari. Poi, hai vissuto a Roma, Torino. Insomma hai girato per l’Italia. Come trovi il Sud di questo Paese?

«A me sembra un luogo bellissimo ma al tempo stesso totalmente abbandonato dalle politiche governative. L’Italia è probabilmente il Paese d’Europa in cui si vive la maggiore sproporzione economica tra due aree. In questi termini, l’autonomia differenziata è una vigliaccata. Innanzitutto perché il Sud rischia di avere un inverno demografico peggiore rispetto a quello del resto del Paese. Poi, senza l’immaginario, la vivacità e la forza culturale del Sud, l’Italia sarebbe completamente diversa, infinitamente più povera. E rispetto al Sud, quest’ultimo governo mi sembra ostile».

E la Puglia?

«È una delle poche regioni la cui primavera non è retrocessa nell’autunno o nell’inverno, come è successo in altri contesti. Negli ultimi venti anni è uscita dal cono d’ombra, è diventata meta di turismo internazionale. E certamente la cultura ha fatto da traino. Ora, però, siamo ad un bivio: la si vuole far diventare una sorta di “turistificio” selvaggio o vogliamo che sia un laboratorio politico e culturale di livello nazionale?».

Siamo a pochi giorni dalle elezioni europee. In che momento politico siamo?

«Credo che il quadro rimarrà invariato rispetto a quello attuale. Ma il problema dell’Europa è che, pur essendo un posto accogliente e in cui si vive bene da molti punti di vista, non ha posizioni chiare sui vari temi, sulle guerre in atto o sull’economia. Non riesce ad essere una forza politica capace di incidere sulle questioni».

Sei disperato?

«Non lo sono affatto ma viviamo in un’epoca in cui la disperazione è vicina. Ci sono, infatti, due guerre poco lontano da noi. Possiamo anche non essere disperati ma sentire quella altrui, parteciparvi, è l’unico modo per stare degnamente al mondo».

E per te che cos’è la disperazione?

« È vivere in un contesto in cui sai che le cose andranno sempre peggio. Detto questo, non dobbiamo, però, essere disperati se pensiamo alla nostra “destinazione finale”. Siamo creature mortali, transitorie, di passaggio. Il vero disperato è colui che non se ne rende conto. Chi, invece, riesce ad accettare il proprio limite, vive una sana disperazione e migliora la propria comunità».

Domani non sarà la tua prima volta ad Andria. Qual è il valore di progetti culturali come questo?

«Nell’ambito del Festival e al di là della mia lezione-spettacolo, sono felicissimo di partecipare come moderatore all’incontro tra Paolo Pecere e Andrea Piva. I loro due libri sono antidoti alla disperazione».

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