Maria Francesca Mariano, giudice e ballerina per passione: «Amo da sempre la giustizia e la danza»

Maria Francesca Mariano non è solo una giudice della Corte d’Assise di Lecce, ma è autrice di libri, romanzi, scrive poesie e balla. La pizzica in particolare, ma non solo. Nelle sue presentazioni di libri, spesso l’aspetto descrittivo della presentazione è accompagnato da quadri in danza.

Lei è stata la magistrata più giovane d’Italia a soli 24 anni. Quando ha deciso di intraprendere questa carriera? Cosa l’ha spinta? È una scelta che rifarebbe?

«È una scelta che sicuramente rifarei perché ho tanta passione per la giustizia e tanto amore per il mio lavoro che ho sviluppato nella fase adolescenziale quando mi accorgevo che c’erano delle situazioni sbagliate che creavano disagio alle persone perché si faticava a far emergere la verità. Io provavo un senso di ribellione interiore e ho capito che potevo provare a fare quel percorso e comunque studiare diritto. Una volta finiti gli studi ho pensato che, secondo il mio carattere e le mie tendenze naturali era una strada percorribile anche a vantaggio degli altri perché rendere giustizia è un modo per aiutare le persone. Entrare nello squilibrio che crea il diritto, cercare di riparare il torto e quindi dare sollievo. Da questo punto di vista mi sembrava di rendere un servizio, perciò ho sempre interpretato la funzione del magistrato come una funzione di servizio».

Quando è nata la passione per la danza? Cosa la spinge a danzare?

«È un fatto caratteriale. Chi è abituato a fare le cose con partecipazione fa tutto mettendoci il cuore sia nella professione che negli hobby. La scrittura e la danza sono dei modi per manifestare la personalità, rientrano in un ambito artistico che riempie l’animo di bellezza. La soluzione alle brutture che ci circondano è la bellezza, riscoprire ciò che connette l’uomo ai valori positivi. In questo senso il ballo, la scrittura, la pittura e lo sport avvicinano l’uomo a tutto ciò che di positivo può fare. Ballo da ragazzina, da quando ho cominciato a frequentare le prime scuole di ballo e poi la passione mi è rimasta per tutta la vita, compatibilmente con gli impegni professionali e con lo studio. Lo stesso discorso vale per la passione per la scrittura. È nata contemporaneamente alla passione per la danza e alla passione per l’arte in generale».

Lei è figlia d’arte, suo padre era un docente di Figura all’Accademia di Belle Arti di Urbino.

«Mio padre Luigi Mariano era un pittore. Casa mia era frequentata da scrittori, musicisti e artisti di ogni genere. I valori che venivano insegnati a me e a mio fratello erano i valori dello studio, della cultura, della riflessione e dell’approfondimento spirituale e artistico».

La figura di suo padre è stata quindi fondamentale nella sua formazione?

«Sì, ma anche quella di mia madre. Sono figure alle quali devo innanzitutto la possibilità di avermi fatto studiare, ma soprattutto il fatto di avermi portata verso il rigore dell’etica in senso globale».

Oltre alla passione per l’arte, coltiva altri interessi?

«Ho una fortissima passione per gli animali e per la natura. Vivo con sette gatti in casa. Sono creature piene di dignità, da accudire, da proteggere, da amare e accompagnare nel loro percorso».

Come concilia tutto questo con gli impegni familiari?

«C’è un lungo addestramento al sacrificio cominciato ai tempi del liceo classico. Tutto quello che faccio, lo faccio con grande sacrificio, con grande fatica, con grande dedizione e anche con affanno».

Che cosa pensa dell’attuale situazione del fenomeno mafioso sul territorio? Pensa si sia abbassata la soglia di attenzione soprattutto a livello mediatico?

«Da parte degli inquirenti non si è affatto abbassata. Si lavora moltissimo e i risultati sono notevoli. Ciò che può creare ostacoli è il rischio del consenso sociale, quello che io definisco assuefazione al male. Bisogna mantenere alto il senso di ribellione».

Quanto l’aiuta la fede in Dio?

«La fede è una risorsa importantissima per affrontare le difficoltà, sostenersi e andare avanti. Sono credente, non nascondo di esserlo e anzi ritengo che questo sia un valore aggiunto».

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