L’UniSalento su Topolino: le ricerche ad Aquinum diventano una storia a fumetti

Le ricerche archeologiche dell’Università del Salento finiscono su Topolino. La storia a fumetti “Topolino e il tesoro del legionario”, in edicola dal prossimo 19 ottobre, infatti, è ispirata alle attività dell’Ateneo pugliese nell’area archeologica di Aquinum a Castrocelo, in provincia di Frosinone.

La storia, di Francesco Artibani e Giuseppe Zironi, racconta del mistero del Corno di Topolomeo, arrivato nel sito di Aquinum nel 44 avanti Cristo, nascosto sul muso di un rinoceronte. Topolino e Gambadilegno, protagonisti dell’avventura, troveranno l’antico reperto e ci sarà anche il personaggio dell’archeologo ispirato al direttore scientifico degli scavi, il professor Giuseppe Ceraudo, docente dell’UniSalento di Topografia antica.

Nella storia vi sarà una rappresentazione fedele delle attuali tecniche di indagine in archeologia nel sito.

Le attività di ricerca ad Aquinum sono condotte dal Laboratorio di Topografia antica e fotogrammetria del dipartimento di Beni culturali dell’Università del Salento, in accordo con la Soprintendenza archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Frosinone e Latina e con il sostegno del Comune di Castrocielo, ente proprietario dell’Area archeologica.

“Topolino e il tesoro del legionario” sarà presentato domani alla presenza degli autori del fumetto, Artibani e Zironi. Oltre al professor Ceraudo, interverranno il Rettore Fabio Pollice e i docenti UniSalento Luca Bandirali (mediologo), Roberto Martucci (storico) e Antonella Rinella (geografa). Modererà l’incontro il Delegato alla Comunicazione Stefano Cristante.

Nel corso del seminario, verrà avviata un’attività di coordinamento delle attività di ricerca e didattica dei docenti UniSalento che si occupano di fumetto.

L’ultima campagna di ricerca ad Aquinum, appena conclusa, ha consentito di indagare un nuovo settore nel cuore della città romana, in prossimità delle rovine ancora emergenti del grande edificio termale, il Balneum di Marcus Veccius. «Qui – spiegano dall’UniSalento – è venuto alla luce uno stibadium in muratura, costruito appositamente per la sala da pranzo all’interno di una grande domus. Si tratta di una scoperta di straordinario valore: finora in Italia non erano molti gli stibadia sopravvissuti sostanzialmente intatti fino ai nostri giorni, e assai rari sono quelli scoperti all’interno di domus in area urbana. Era il modo di banchettare dei Romani più facoltosi. A partire dalla fine del I secolo d.C., infatti, si stava diffondendo a Roma una nuova maniera di sdraiarsi a tavola, che poi diventò prevalente e influenzò la struttura degli edifici durante tutto il tardo impero. Si mangiava distesi su un solo grande letto semicircolare, lo stibadium appunto, su cui prendevano solitamente posto dalle cinque alle otto persone e che progressivamente soppiantò i tre letti tricliniari».

Quella di Aquinum «doveva essere la domus di un personaggio di alto rango, che aveva voluto impreziosire le sale di rappresentanza e conviviali della sua dimora con mosaici di grande bellezza. Un’esibizione di ricchezza, lo stibadium era collocato in posizione dominante, con l’acqua corrente a tavola che veniva raccolta in una vasca-fontana realizzata al centro di questo nuovo tipo di divano da banchetto», conclude l’università degli studi del Salento.

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