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“L’altra città. Mafia e antimafia di Capitanata”. Un libro di coscienza e risveglio civile

Una criminalità discontinua e con una storia incostante e carsica. È il primo dato di riferimento, citato nella relazione conclusiva del 2018 a firma della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle mafie ad aprire l’analisi del libro “L’altra città. Mafia e antimafia di Capitanata”, presentato a Palazzo Dogana. L’incontro ha riavvolto il nastro sulla storia della mafia foggiana sin dalle sue origini e che, per anni, «è stata caratterizzata da una scarsissima copertura mediatica».

Nel volume, realizzato nell’ambito del progetto “La strada. C’è solo la strada su cui puoi contare”, si ripercorrono le cronache storiche degli ultimi quarant’anni dei primi reati commessi attorno agli anni Settanta: quando l’80 per cento dei reati restava impunito e il 90 per cento riguardava omicidi di stampo camorristico. A seguire, gli anni Novanta furono il periodo delle lacrime per le vittime innocenti: Ciuffreda (1990), Panunzio (1992), Marcone (1995), Di Candia (1999). Le cose sembrano essere cambiate dal 2017, con la strage di San Marco in Lamis, in cui persero la vita quattro persone, tra cui i fratelli Luciani.
La pubblicazione, curata dalla criminologa Annalisa Graziano e dal sociologo Roberto Lavanna ha visto i contributi scritti dei giornalisti Francesco Pesante ed Emiliano Moccia e dell’avvocata e referente di Libera Foggia, Federica Bianchi.
L’attenzione, è rivolta soprattutto alle giovani generazioni, poiché al lavoro degli inquirenti va necessariamente accompagnato un movimento sociale e culturale che coinvolga tutti e tutte. «Si avverte ancora una forte distanza con le istituzioni e i giovani. Ritengo che ci siano due punti su cui lavorare: gli spazi e i luoghi di aggregazione, compresi tutti quei modelli di socializzazione che si offrono alle giovani generazioni – ha spiegato Jacopo Lorusso, studente del liceo scientifico “A. Volta” -. Il secondo punto è la mancanza di interventi sul diritto allo studio. Nella nostra provincia 1 ragazzo su 3 abbandona gli studi prima dell’obbligo scolastico».
Servono anche gli esempi, come quello Michele Cianci. Il commerciate cerignolano e titolare di un negozio di armi, ucciso a soli 43 anni, nel dicembre 1991. «Non vogliamo dimenticare quanto successo, la memoria va custodita, va riservata – le parole della sorella Angela – dobbiamo essere un esempio concreto, tangibile, per tutti i ragazzi. Una cosa però non bisogna mai fare: rassegnarsi, perché vorrà dire cedere il passo alla criminalità e tutto questo non possiamo permetterglielo».

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